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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
Gabriella Baptist,
Giuseppe D'Acunto,
Aldo Meccariello
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La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
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I confini del mare

 Premessa

I confini del mare rappresenta una parziale riedizione e aggiornamento del saggio scritto nel lontano 2003 per il terzo numero della rivista on line di filosofia Kainos, Disegnare i confini del mondo.

Gli anni trascorsi hanno segnato profondamente, perlomeno in chiave popolare e di diffusione, la cartografia e la storia delle mappe. Sembra impossibile, infatti, ma nel 2003 Google Maps non c'era ancora e nel mio intervento di tredici anni fa l'aspetto più avanzato era circoscritto alle carte digitali, rintracciabili sul web ma prive di quella impressionante interattività e interconnessione che Google ha reso possibile.

Il tema scelto per il terzo numero di Azioni Parallele, "Mediterranei" ritrova aspetti di quel tema kainotico del 2003, “il mondo in questione”. La prospettiva potrebbe apparire di scala minore, il Mediterraneo opposto al pianeta intero, ma di fatto per noi meridionali dell'occidente il Mediterraneo è stato per secoli l'unico vero mare. La cartografia antica è basata sulle distanze via terra e sull'osservazione delle coste marine, e il passaggio all'esplorazione del mondo, dopo Magellano, non è che un'estensione del Mediterraneo incontro al pianeta appena disvelato.

L'aggiornamento del saggio del 2003 tiene quindi conto dei dodici anni trascorsi, ma conserva ampie parti del testo scritto allora, soprattutto nel merito delle indicazioni storiche e metodologiche.

 

1. Misurare il mondo

 Dalla grandezza del pezzo di terra davanti ai loro occhi, fino alla lunghezza dell'equatore del pianeta su cui vivono, gli uomini hanno sempre avuto la necessità di conoscere che dimensione hanno le cose e, di conseguenza, in quanto tempo possono essere trovate e conosciute. Una volta nato il linguaggio infatti, le parole che descrivono l'estensione di uno spazio e il succedersi del tempo devono essere state tra le più usate, se si pensa all'importanza capitale che il dove e il quando vengono ad assumere nella ricerca e nella conservazione del cibo o nella difesa da un nemico.

Le prime tracce note di rappresentazioni del suolo confermano l'ovvietà di tali pragmatiche considerazioni: uomini segnalano graficamente ad altri uomini qualcosa di importante, come la presenza di un fiume o di una montagna lungo il cammino, oppure l'estensione di una pianura o la dislocazione di accampamenti nemici.

Italo Calvino nel suo "Il Viandante nella mappa", memorabile recensione a una mostra parigina, già notava che la mappa, la carta geografica, nasce in vista di un viaggio e che pertanto trova nella linea più che nella superficie la sua forma coerente: "Il primo bisogno di fissare sulla carta i luoghi è legato al viaggio... Si tratta dunque di un'immagine lineare..."(1). Queste mappe simili a una striscia furono spesso utilizzate dai popoli più antichi e in particolare anche dai principali costruttori di strade, i Romani, ai quali tuttavia non si devono scoperte o ricerche cartografiche di rilievo (se si eccettua l'opera di Vipsanio Agrippa per Augusto). Gli itineraria picta servivano a viaggiare, ma sicuramente anche a percorrere strade sicure per l'esercito; di essi resta, in copia medievale, un esemplare straordinario, la cosiddetta Tabula Peutingeriana, lunga in origine forse sette metri e alta soltanto 34 centimetri, che mostrava, pur tra incredibili deformazioni e forzature, 100.000 km di strade e 3.000 indicazioni di luoghi tra Europa, Africa e Asia, circondati da un Oceano che sembra più una cornice del disegno che un'effettiva superficie.

 

Tabula Peutingeriana
(dettaglio su Roma con il mar Tirreno in basso e l'Adriatico in alto,
luoghi del Mediterraneo centrale)

 

Osservando da vicino la Tabula, le difficoltà di lettura aumentano invece di diminuire, perché la nostra abitudine a una rappresentazione in scala è tale da accecare la possibilità di una mappa simbolica di questo genere. Il Mediterraneo è qui il tratto di mare che divide l'Africa dall'Europa e pertanto si trasforma in un nastro privo di coerenza proporzionale, ma efficace nel segnalare la presenza continua di quel mare.

Navigare senza perdere la rotta fu in effetti uno dei grandi problemi degli antichi e le carte del mare esistono solo in funzione della terra che lo delimita. Orientarsi con le stelle faceva parte delle necessarie conoscenze dei marinai, ma la misura dell'estensione delle ampie pianure d'acqua restava problematica. Si spiega allora come la navigazione tendesse, in passato, a seguire le coste, avventurandosi in mare aperto solo in casi eccezionali e comunque a ragion veduta, con un'idea abbastanza precisa del luogo verso cui si sta andando. Si può intuire se non spiegare l'audacia e la paura di Colombo davanti all'ignoto, come quella degli esploratori davanti ai deserti.

Internamente al problema di misurare le distanze, si deve ricordare quello di posizionarsi rispetto alla superficie sferica del pianeta, operazione semplice nel verso nord-sud, quello dei paralleli, ma praticamente impossibile nel verso est-ovest, quello dei meridiani, fino alle invenzioni abbastanza recenti del sestante e del cronometro. Solo dal XVIII secolo le navi possano dotarsi di strumenti precisi per determinare la loro posizione anche lontano dalla terra ferma.

La cartografia era nata peraltro ben prima dei Romani e discendeva da geometria e geografia, scienze probabilmente originarie nelle culture, non lontane tra loro, della Mesopotamia e dell'Egitto. Furono in realtà i Greci a delinearne, a volte in modo sorprendentemente moderno, i metodi e le regole. Di conseguenza la cartografia, basata sulla misurazione di linee e superfici come la geometria, e sulla rappresentazione della Terra come la geografia, trovò le sue prime applicazioni sicuramente tra Babilonesi e Egiziani, ma venne definita razionalmente solo dai Greci.

La ricerca e la conservazione del cibo unite al bisogno di difesa possono, come già detto, spiegare la necessità di chiedersi "dove" e "quando" si trovano cose, persone, luoghi. Peraltro, è indubitabile che tra i primi motivi di una precisa misurazione del suolo debba annoverarsi anche la necessità di definire la proprietà. La stretta correlazione di spazio e tempo nella quotidianità delle popolazioni legate alla produzione agricola, resta alla base di alcuni bisogni primordiali: "la necessità di comprendere in un'immagine la dimensione del tempo insieme a quella dello spazio è alle origini della cartografia" scriveva sempre Calvino(2). Questa considerazione, la cui profondità va percepita con attenzione, spiega allora perché gli uomini abbiano cercato di misurare e rappresentare non solo quel terreno, quella strada o il proprio piccolo mondo, ma anche il mondo di tutti, il mondo intero. E spiega anche, per ulteriore deduzione, come nella natura stessa dell'operazione cartografica si annidino di pari rilievo un'anima politica e una vocazione scientifica.

La misurazione di una distanza non era e non è comunque impresa facile; il metodo fondamentale per ottenere indirettamente (vale a dire non sul campo) misure precise, ancora oggi alla base di tutta la scienza della misurazione, consiste nella triangolazione, cioè nella suddivisione in triangoli di una superficie, che verrà ricostruita utilizzando le regole e i teoremi della trigonometria. Ed è chiaro che l'enorme complessità del lavoro necessario a rilevare il territorio di uno Stato, definisce in partenza la cartografia come uno strumento tipicamente istituzionale, finalizzato nelle sue mille varianti di scala alla definizione degli spazi pubblici e privati; dalle mappe catastali a quelle rurali, dalle carte di città a quelle territoriali, lo Stato deve organizzare in modo capillare enti e uomini in grado di disegnare e aggiornare i confini e le proprietà pubbliche.

Ogni paese moderno ha creato, approssimativamente negli ultimi tre secoli, tali gruppi di lavoro, non a caso solitamente collegati con l'esercito; nei paesi in via di sviluppo e in quelli più arretrati invece la mappatura del territorio ha spesso incontrato difficoltà insormontabili, legate ai costi, alle tecnologie, alle risorse umane. In Italia l'ente preposto è l'Istituto Geografico Militare insieme ai servizi idrografici, geologici e catastali dello Stato, ma esistono anche due società private la cui attività è da decenni estremamente prolifica, l'Istituto Geografico De Agostini e il Touring Club Italiano; lo stesso accade in gran parte dei paesi occidentali, che dal secondo dopoguerra si sono organizzati per coordinare e uniformare i sistemi di rilevamento, le scale, i riferimenti geografici, i nomi, le simbologie. E' in ogni caso sorprendente venire a conoscenza che alla scala di 1:75.000 soltanto un terzo della superficie terrestre risulta, alla fine del secondo millennio, opportunamente rilevato.

 

2. Disegnare i confini del mondo e del mare

 

Mappa del Mondo secondo Tolomeo

 

Escludendo primitivi disegni di non facile lettura, come quelli mesopotamici, sumeri ed ebraici, la prima mappa del mondo (spesso detta l'ecumene) dovrebbe essere quella di Tolomeo, il geografo e astronomo cui si deve il sistema geocentrico, per secoli ritenuto valido e sconfessato solo da Copernico millequattrocento anni dopo. Nella sua Geografia, Tolomeo assegna ad oltre ottomila località dell'Impero Romano una approssimativa latitudine e longitudine e spiega metodi di proiezione e costruzione di piante, gettando i semi della scienza cartografica. Il mondo di cui parliamo è ovviamente il continente antico, da Mediterraneo e Gran Bretagna sino alla Cina.

Tolomeo rappresenta quel mondo conosciuto tramite una griglia di meridiani e paralleli che segue una proiezione, probabilmente di sua invenzione, tale da garantire una miglior verosimiglianza del mondo disegnato su una superficie piana rispetto all'originale superficie curva. L'impero romano ci viene presentato con discreta definizione, nella sua impressionante estensione da Ovest a Est, mentre le aree poco conosciute, se non ignote del tutto, sono lasciate a una certa fantasia artistica. 

L'alto Medioevo e anche l'epoca romanica rappresentano per questo settore di ricerca una fase di autentica stagnazione, se non di arretramento, per quanto da un punto di vista artistico e religioso la produzione cartografica sia di estremo interesse come supporto visivo e simbolico alla comprensione dell'universo e della mentalità del tempo; la cartografia in pratica si piegò alla nuova morale cristiana e venne sostituita da rappresentazioni fantastiche del mondo di Dio. Solo nella giovane cultura araba permangono studi in questo settore e ne è testimonianza, tra le tante, la celebre mappa del Mediterraneo di Al Idrisi (o Edrisi), pur nella incompletezza e arbitrarietà di molte forme disegnate.

 

Tabula rogeriana di Al Idrisi
(invertita per comodità, da sinistra lo stretto di Gibilterra sino all'Indonesia a destra,
con un errore macrospico rispetto all'Africa orientale)

 

La carta del Mediterraneo di Al Idrisi viene anche detta la Tabula rogeriana, in quanto ordinata dal re di Sicilia Ruggero II al matematico e geografo arabo, probabilmente tra i pochissimi in grado nel XII secolo di affrontare una simile impresa. Ed è dalla Sicilia che l'autore e il suo re guardano verso Sud, mettendolo in alto e rovesciando quindi la nostra tradizionale visione del mare. Va anche notato che la carta nelle sue grandi linee è meno precisa di quella di Tolomeo, a conferma di quanto si fosse perso in conoscenze scientifiche e metodologiche nel corso dei secoli bui.

Dal 1300 numerose copie, se non copie di copie, della mappa del mondo di Tolomeo erano giunte nell'Europa occidentale dal mondo bizantino e determinarono da un lato una passiva accettazione dell'impostazione tolemaica, vista come antica e quindi di insuperabile validità, dall'altro un nuovo fiorire di interesse, questa volta razionale e pratico, per la cartografia. La Geografia tolemaica fu tradotta in latino da Jacopo d'Angelo nel 1406. Tra XII e XIV secolo erano fioriti in Europa anche i cosiddetti portolani, carte nautiche che di porto in porto delineano le coste d'Europa e in particolare del Mediterraneo; probabilmente nati grazie all'esperienza dei navigatori e all'uso della bussola, i portolani mostrano un singolare sistema di orientamento, basato sul disegno di numerose rose dei venti generatrici di linee radiali intrecciate in modo complesso sulla superficie della mappa.

Il portolano è un disegno geografico che ha il mare come protagonista e le coste utili all'approdo come sfondi del mare. Il marinaio esperto, o il geografo navigatore, guardano dalla nave che segue i contorni, le anse, i golfi, gli estuari, le mille forme della terra, e le traccianocome linee continue su un foglio, cercando a occhio e a memoria di ricostruire un confine del mare. Sono in realtà profili delle rive utili alla navigazione, ma sono molto più accurati delle linee buttate lì a chiudere i bordi da parte dei loro predecessori. Unendo i mille portolani delle coste mediterranee si ottenevano carte di discreta qualità. Potremmo forse vedere nelle Tabulae l'impronta della Difesa Terrestre, la fanteria, e nei portolani quella della Difesa Marina, le navi.

 

 Il portolano di Maiorca del 1450 ca. raffigura l’intero bacino del Mediterraneo, le coste atlantiche dalle isole Britanniche, una parte dell’Europa centrale e i territori nord-occidentali dell’Africa.

 

L'epoca delle grandi scoperte geografiche coincide naturalmente con un'autentica esplosione, che non ha da allora conosciuto esaurimento, della cartografia come scienza e soprattutto come produzione. Colombo scopre l'America non per dimostrare che la Terra è rotonda, ma per dimostrare che l'India si raggiunge più rapidamente via mare ad Occidente che via terra ad Oriente; le sue conoscenze e le sue speranze derivavano pertanto dai cartografi, ma a loro volta i cartografi seguiranno le indicazioni di Colombo e quelle dei suoi innumerevoli epigoni per disegnare i nuovi confini del mondo(3). L'errore di considerare la Terra tanto piccola da possedere un solo Oceano tra Europa e India (o Cina) fu presto corretto e, da quando gli uomini di Magellano circumnavigarono l'intero pianeta, fu finalmente possibile determinare con accettabile approssimazione l'effettiva dimensione e dislocazione delle terre emerse.

In questa rivelazione del mondo, una sorta di epocale illuminazione che aprì alla cultura e all'economia europea orizzonti mai neppure immaginati, lo straordinario lavoro e la mirabile intuizione di Gerard de Kremer detto Mercator hanno un ruolo fondamentale. Nella seconda metà del XVI secolo Mercator inventa e propone il metodo grafico che proietta la superficie sferica del mondo sulla superficie di un cilindro e quando negli stessi anni vengono inventati anche strumenti molto più avanzati per la misurazione degli angoli, si può affermare che nasca la cartografia scientifica.

A Mercator si devono anche studi sull'uso e la forma delle lettere nella nomenclatura dei luoghi, la costruzione di uno dei primi globi terrestri e il nome Atlas per una collezione di mappe. Un altro evento capitale si era tuttavia da pochi anni verificato nella ricerca di settore, l'invenzione ad opera di Martin Waldseemueller nel 1512 del polimetrum, il più stretto antenato del teodolite. In realtà, di quali strumenti si servissero i topografi antichi e medievali non è sempre chiaro, ma sicuramente, in base a quanto emerge dalle descrizioni scritte e da pochi residui, si trattava di strumenti ingegnosi ma grossolani, come il baculo mensorio, il bastone di Giacobbe, il quadrato geometrico, le bindelle. L'invenzione del polimetro e quella successiva, che lo perfeziona, del teodolite ad opera di Leonard Digges a metà del Cinquecento, consentono ai cartografi di misurare gli angoli orizzontali e verticali con molta maggior precisione. Il teodolite, insieme alla bussola già ben nota e al cannocchiale (inventato al principio del Seicento da Hans Lipperhey), diventa lo strumento principale della scienza cartografica, così come il sestante e il cronometro un secolo dopo apriranno vie di navigazione meno avventurose negli oceani appena scoperti del pianeta Terra.

 

3. Le mappe di Google

Tra il XVI e il XIX secolo le scuole cartografiche si moltiplicano, si perfezionano e si espandono dall'Europa all'America con inesauribile energia scientifica ed esplorativa. La vera novità nel settore, a parte la scoperta dell'Australia nel XVIII secolo (James Cook ha a bordo un cronometro di navigazione) che finalmente colma la grande lacuna dell'emisfero meridionale, si verificherà solo nel XIX secolo con l'invenzione della fotografia e con la progressiva introduzione dei nuovi apparecchi di rilievo fotogrammetrico tra gli strumenti tradizionali del cartografo. Ciò che cambia in modo fondamentale è comunque la velocità della riproduzione, non tanto il metodo.

Sarà invece l'abbinamento nel XX secolo tra l'aereoplano e la fotografia a determinare una svolta anche di sistema, con la nascita della fotogrammetria aerea, in grado di fornire dati oggettivi e "già pronti" del suolo, in particolare di territori ampi e monotoni come il mare e i deserti, o impervi come le catene montuose, o comunque, anche per situazioni storiche particolari, non accessibili per vie di terra. Passaggio successivo, il satellite, che è in grado di abbracciare sotto il suo sguardo porzioni enormi di territorio, ma anche di entare nei dettagli più piccoli, grazie alle innovazioni e al perfezionamento di tutti gli strumenti necessari alla visione, alla riproduzione e alla trasmissione dei dati.

Il Mediterraneo osservato dalle navi, costa per costa, approdo per approdo, scoglio per scoglio, diventa sempre più dettagliato, preciso, minuzioso nella sua qualità principale, e cioè di essere il principale strumento di comunicazione tra l'Europa meridionale e l'Asia minore. Visto oggi, il Mediterraneo non è che un bacino d'acqua tra l'Africa del Nord e l'Europa del Sud, ma anche tra l'Europa dell'Est e l'Asia occidentale; sta in mezzo, divide a Nord e a Sud quanto a Est e a Ovest. I suoi confini che toccano tre parti del mondo sono ancora i confini del cosiddetto continente antico, l'enorme zolla di terra che unisce Europa, Africa e Asia.

Oggi guardando il nostro PC possiamo partire dall'alto, dal cielo, e scendere in basso, a ingrandire un metro di sabbia sullo schermo, grazie alla rivoluzione, probabilmente simile a quella di Mercator, di programmi come Google Maps e Google Earth. Non una rivoluzione qualitativa, tuttavia, perché Google utlizza strumenti satellitari e fotografici che esistevano già, ma sicuramente quantitativa per il numero enorme di dati messi a disposizione di tutti. Google Maps è il vero nuovo atlante universale, ancor più di Google Earth, che gli è di gran lunga superiore, ma che non gode del vantaggio di essere integrato nei browser di internet.

Google Maps funziona integrando fotografie satellitari ad alta definizione con un sistema di cartografia, derivato dalle immagini, che viene ad esservi sovrapposto. Il progetto si chiama Ground Truth e unisce milioni di informazioni, che vengono dai satelliti ovviamente, ma anche da foto aeree, da foto a livello terra eseguite appositamente dai tecnici della società e da altre migliaia di foto fornite dagli utenti.

Ancora limitata alle città e a pochi luoghi turistici esiste anche la trasposizione tridimensionale della carta, sbalorditiva possibilità di vedere illusoriamente anche i livelli del suolo, un problema che le carte risolvevano in modo brutale con il disegno delle curve di livello numerate in base all'altezza sul mare. Meno o più evidente a seconda dei luoghi, l'effetto 3d svela le coste del mare nella loro bellezza ma anche nella loro pericolosità. In un solo colpo d'occhio oggi possiamo vedere gli scogli e la profondità dell'acqua, come in questa immagine 3d di un qualunque punto della riviera vicino a Grosseto.

 

Se vogliamo entrare nel dettaglio, possiamo lanciarci nella forma dell'omino giallo di Google Maps dentro le strade di Barcellona, di Genova, di Palermo, di Atene, di Tel Aviv, di Alessandria, di Tripoli, di Orano, e guardare dai moli di Gibilterra le sponde un tempo insormontabili delle Colonne d'Ercole. Ma è comunque la visione del mare nostro, del Mediterraneo intero sui nostri schermi digitali in mille forme diverse, a lasciarci sbalorditi.

Guardiamolo: se vogliamo abbracciarlo nella sua interezza morfologica, ci appare come un'immane distesa d'acqua azzurra dai confini frastagliati; 

 

nella sua forma politica, un intreccio di aree diseguali, grandissime come l'Algeria o piccolissime come Malta; nella sua forma demografica, come una colossale calamita di popoli, affacciati sulle rive tiepide di una mare interno, storicamente in continuo contatto – pacifico o bellico – tra di loro;

 

e infine, a memoria della nostra limitatezza come gente d'occidente, come una piccola macchia azzurra sulla superficie del pianeta, nulla più che una laguna interna tra le masse di terre emerse.

 

 

Sitografia on line

sito web : the Tabula Peutingeriana  
sito web : su Eratostene  
sito web : la misura della Terra  

sito web : l'Istituto Geografico Militare  
sito web : l'Istituto Idrografico della Marina

sito web : il Touring Club Italiano
sito web : l'Istituto Geografico De Agostini

sito web : Idrisi - la Méditerranée au XIIe siècle

sito web : map projections

 

Note con rimando automatico al testo

1 ) Italo Calvino, Collezione di sabbia, Mondadori, Milano. 1994

2 ) ibidem

3 ) Cfr. il breve articolo di Umberto Eco, "Dalla Terra piatta alla Terra cava" in Segni e sogni della Terra, 2001, De Agostini, Novara

4 ) Vi furono tra le altre nel XVI secolo le proiezioni studiate da Werner, Apiano, Frisius e Finaeus, in cui si mantengono le lunghezze dei paralleli; la proiezione omeotera di Stobnicza e la trapeziforme di Germanico, Ortelio e Mercator; la globulare meridiana, perfezionata da Tramezzini e Ruscelli.