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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
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Günther Anders, L'ultima vittima di Hiroshima

 

 

 

Günther Anders

 

L'ultima vittima di Hiroshima

 

 

Mimesis Edizioni, Milano 2016, pp. 231,
ISBN 978 88 5753 264 6, €.20,00



 

 

 

 



Non c'è forse riflessione più estrema, più lucida e più provocatoria sull'era atomica delle analisi e dei testi di Günther Anders, il pensatore tedesco di origine ebraica che ha prefigurato inascoltato un radicale mutamento d'epoca a partire dall'agosto del 1945, sotto il segno della catastrofe. Le immagini della distruzione di Hiroshima e Nagasaki furono uno shock senza precedenti per l'opinione pubblica mondiale e per gli stessi scienziati che quelle bombe avevano fabbricato.

Verso la fine degli anni Cinquanta, Anders, che aveva già pubblicato la prima parte di Die Antiquiertheit des Menschen, avviò un inedito carteggio con Claude Eatherly, uno dei piloti di Hiroshima, che non si riprese più dopo quell'esperienza, precipitando nella spirale della depressione e dell'alcolismo fine alla sua morte nell'assoluta indifferenza avvenuta nel 1978. Questo scambio epistolare pubblicato per prima volta nel 1961 in lingua inglese e in italiano nella edizione einaudiana del 1962 con il titolo La coscienza del bando, ritorna meritoriamente in libreria con il titolo L'ultima vittima di Hiroshima.

Il caso Eatherly colpisce l'attenzione di Anders perché rappresenta, come sottolinea nella sua lucida e vibrante introduzione Micaela Latini, l'«antitesi» di Adolf Eichmann, il burocrate deresponsabilizzato dello sterminio e l'incarnazione della banalità del male. Infatti, il pilota è l'ultima vittima di Hiroshima per il suo percorso di dilaniante presa di coscienza dai sensi di colpadi essere materialmente responsabile di un atto alla cui decisione non aveva avuto parte alcuna, senza prevedere peraltro le conseguenze. Incolpevole, per essere stato all’oscuro della spaventosa potenzialità distruttiva della bomba, ricoverato nell'ospedale psichiatrico di Waco perchè considerato psichicamente instabile, Eatherly vide anche la fine del suo matrimonio con la moglie Concetta Margetti, un'attrice italo-americana sposata nel 1943. Nella prima lunga lettera dell'epistolario indirizzata al pilota, datata 3 giugno 1959, Anders coglie la matrice etica del suo caso perché «non siamo medici né psicologi. Ma perché ci sforziamo, con ansia e sollecitudine, di venire a capo dei problemi morali che, oggi, si pongono di fronte a tutti noi» (p. 25).

L'ordigno atomico - scrive Anders - ha raggiunto livelli di distruttività tali da espropriare l'uomo della sua capacità di immaginarne le conseguenze «come le rotelle di una macchina, possiamo essere inseriti in azioni di cui non prevediamo gli effetti» (ivi). In altri termini, agli occhi del pensatore tedesco, il senso di colpa morale provato da Eatherly nasceva dal fatto che egli aveva agito come la semplice rotella di una macchina di morte di cui non sospettava la potenza distruttiva, ma ciò non alleviava la sua coscienza per un'autoassoluzione. La trasformazione della morale che questo comporta riguarda tutti noi.

Anders interpella Eatherly come uno dei primi ad essersi trovato cosi profondamente invischiato in questa colpa di nuovo tipo. La risposta dell'ex pilota non si fa attendere e nove giorni dopo, il 12 giugno, confessa al filosofo chiamandolo Dear Sir di avere l'impressione «che Lei mi capisca come nessun altro, salvo forse il mio medico e amico» (p. 33). La corrispondenza si infittisce già dopo pochi giorni quando in una successiva lettera del 23 giugno Claude chiede al filosofo di poter avere una copia dei suoi Comandamenti dell'era atomica precedentemente apparsi nella "Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 13 luglio 1957. I Comandamenti argomentavano la possibilità dell'Apocalisse «che è opera nostra. Ma noi non sappiamo quello che facciamo. No, non lo sappiamo; e non lo sanno nemmeno quelli che dispongono e decidono di essa» (p. 40) ed esplicitavano il nucleo filosofico del dislivello prometeico ossia lo scarto paradossale tra immaginare e produrre. Quella descritta da Anders è dunque una forma apocalittica di caducità di cui, nei suoi “comandamenti per l’era atomica” egli avverte i contemporanei di assumere tutta la portata: Non avere paura di avere paura (p. 41). Ossia occorre cominciare ad avere paura interrompendo la perversa spirale di delegare il destino di ciascuno di noi al potere politico e militare.

La lettura delle proposizioni andersiane è per il pilota, già impegnato nei movimenti pacifisti, formativa e terapeutica: «La Sua profonda sincerità e il Suo modo di esprimersi mi hanno riempito di fiducia; confido nei Suoi sforzi di rendere questo mondo sicuro e pacifico» (p. 50). Anders restituisce al pilota il rispetto per il suo attuale stato di coscienza, con cui affronta a posteriori gli effetti di quello che all'epoca non aveva potuto prevedere. Questo mantenere viva la coscienza della catastrofe che ha provocato quasi 200.000 morti è quanto Eatherly può fare nella sua vita presente: la sua angoscia è ineludibile, e il suo pentimento destinato a restare comunque inadeguato. Puntualmente la curatrice Micaela Latini richiama l'aspra polemica che Anders ebbe nei confronti delle tesi sostenute da Jaspers nel suo scritto del 1958, La bomba atomica ed il futuro dell’uomo, il quale stigmatizzando l’assioma dei due inferni, l'ordigno atomico e il totalitarismo sovietico, non vedeva il vero pericolo della tecnica come il mostruoso lasciato a sé (p. VI). Nel proscritto all'edizione americana che chiude il volume, Günther Anders scrive «Anche se la situazione di Eatherly è cambiata, il suo caso non è però invecchiato. Anzi, è di una specie così nuova che non ha ancora trovato comprensione. Poiché Claude è stato il primo a tradurre il carattere della nostra epoca nel linguaggio di una vita individuale; il primo la cui vita individuale sia stata foggiata interamente dai fatti e dalle angosce dell'era atomica [...] il primo che abbia esibito la propria vita come monito» (p. 229).

La corrispondenza tra il filosofo e il pilota ancora oggi, a distanza di quasi sessant'anni, rappresenta un documento esemplare da cui trarre giovamento per una costante revisione delle nostre certezze morali, per tener desta e vigile la nostra coscienza in un'epoca caotica e difficile come quella che stiamo vivendo.