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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
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La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
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Il tempo e il suo nucleo intensivo di intelligibilità

Il presente articolo nasce da unʼesigenza precipua: porre unʼinterrogazione di senso sul tempo, senza assumerlo come un alcunché di noto, ma al contrario sospendendo questa pretesa che ne pregiudica le potenzialità veritative. È sicuramente un atteggiamento contro tendenza che vuole rinunciare ad assolutizzare il significato predominante e unilaterale che ha acquisito oggi il tempo, e che abita il senso comune: quello di un mero trascorrere diviso in un prima e in un dopo. Questa prospettiva, notava già Bergson1, è di fatto solo esteriore, frutto di una spazializzazione del tempo; è il tempo dei matematici, è il tempo quotidiano degli orologi, ma non ancora della coscienza, in quanto quest'ultimo si squaderna solo in una relazione di esterno ed interno, di mutamento e continuità, di distruttibilità e indistruttibilità, e ancora di temporalità ed extratemporalità.

Insomma, nellʼepoca in cui ci troviamo, il tempo è sempre più unʼovvietà, è un immediato indeterminato: cʼè, diviene e si disperde; ciò spiega, a mio avviso, la crescente difficoltà da parte nostra di auto-temporalizzarci, di decentrare cioè questa immediatezza esteriore e parziale per intuire le cifre, la posta in gioco, le sfide cruciali del nostro tempo. Il tempo è più che un semplice dileguare: nel tempo ne va del nostro futuro, dei nostri progetti, del nostro esserci: ne va di un per sempre.

In effetti, senza una coscienza temporale, siamo destinati a vivere in un presente orizzontale, privo di profondità, impreparati a rispondere alle chiamate generazionali, impreparati cioè a decidere. Risulta allora sempre più attuale ed urgente chiedersi cosʼè il tempo e perché cʼè il tempo.

Lʼindagine che intendo portare avanti è di natura filosofica e dipana un filo ideale che pone in relazione concettuale Plotino, Hegel e Heidegger.

    

Ora, nonostante la distanza temporale tra questi autori, vedremo che il programma filosofico è lo stesso: pensare il tempo mediandolo con se stesso, quindi a partire da come lo esperiamo in prima persona, e mediandolo col suo altro, guardando nel suo interno, nel suo nucleo intensivo di intelligibilità, nella sua misteriosa trama eidetica dove si cela la sua verità, la sua legalità e la sua indistruttbilità.

Il contributo di Plotino a riguardo è tematizzato e raccolto in Enneade III 72; qui egli enuclea il suo concetto di tempo riattingendo alla famosa proposizione platonica del Timeo, secondo cui «il tempo è lʼimmagine mobile dellʼeterno»3, è cioè lʼeterno che si distende e si dispiega come successione e movimento, ovvero lʼarchetipo (Nous) nella forma della sua alienazione (Anima).

Pur partecipando della medesima intuizione platonica, Plotino da un lato la ridesta assumendola, dallʼaltro vi aggiunge del suo, affermando che il tempo non può essere soltanto movimento, un mero scorrere che si consuma, ma che al massimo anche il movimento è presente nel tempo. Ciò significa che il continuum temporale è sempre di nuovo contrappuntato da cesure, intervalli discreti che infinitizzano il tempo e gli danno intelligibilità. Il tempo allora viene pensato plotinianamente nel duplice registro della successione e della simultaneità; è certamente il tempo che inesorabilmente diviene e passa, quindi in movimento, ma è anche indistruttibilità e permanenza del nostro cammino, di quegli attimi cruciali della nostra vita, di alcune scelte che abbiamo fatto (e a volte revocato), che sono per sempre, imperiture ed eterne. Dunque, se il tempo cʼè, è tempo dellʼanima, consustanziale allʼanima, quale misura per i propri cimenti, spazio della decisione e ritmo per la risalita dalla molteplicità sensibile allʼintemporale Uno (potentia fontana).

Hegel, il pensatore dallo sguardo storico, che ha inteso la fenomenologia dello spirito come la scienza del cammino che lʼumanità ha percorso e che deve continuamente ripercorrere per essere cosciente del proprio momento storico, abita lo stesso movimento di pensiero di Plotino. Anche per il filosofo di Stoccarda, infatti, il tempo è inintelligibile nella sua immediatezza, giacché è il divenire intuito, lo sparire immediato, che non sosta mai troppo a lungo in nessuna determinazione: «è mentre non è, e non è mentre è»4. Esso assume però consistenza allorquando esibisce il suo legame di inerenza con lʼintima essenza atemporale di cui è lʼimmagine o lʼesterno; cioè soltanto se viene decentrato dalla sua apparente e ingannevole ultimità e autosufficienza, rinviando alla sua eidetica condizione di possibilità e di comprensibilità. Lʼessenza (DasWesen), difatti, imprime il sigillo della simultaneità, dellʼindistruttibilità, e dunque dellʼintelligibilità alla nostra esperienza temporale, eliminando lʼaccidentale, conservando il decisivo di ciò che è stato (Ge-wesen), di ciò che si è consumato in questa vita, e restituendolo a ognuno di noi dopo la morte, in cui saremo ricongiunti al nostro in sé. La verità del tempo è pertanto nel non-tempo e lo Spirito è il loro nesso e la loro mediazione.

Nella stessa direzione di apprensione muove Sein und Zeit di Heidegger5, un capolavoro del Novecento che invita a pensare la nostra fatticità temporale, le nostre possibilità determinate insieme al loro risvolto di indistruttibilità e di eternità. Il senso dellʼessere dellʼesserci è infatti il tempo, in quanto lʼessere che via via io sono si dà solo in un cammino temporale, in un impegno che si dipana nel tempo.

Secondo Heidegger, il tempo abita il nostro concetto o in sé e ci consente di scoprire e dischiudere le nostre possibilità più pregnanti, più proprie. Se difatti interroghiamo fenomenologicamente il tempo, giunge a noi una prima risposta: il tempo cʼè affinché ognuno di noi, in carne ed ossa, possa fare qualcosa della propria vita. Lʼesserci è pertanto un poter essere, un progetto in fieri che mira alla propria appagatività.

È perfettamente coerente, se si assume questa prospettiva, pensare la morte come la prima possibilità che ci conficca nella nostra temporalità, nel nostro essere per la fine, spingendoci a rivelare i progetti autentici, ponendo una cesura alla dispersione temporale per mezzo della scelta. La morte, dunque, è una compagna invisibile6, presente nel nostro cammino, che emerge come la genuina sensazione che il tempo non è soltanto un mero fluire eracliteo, ma che nel tempo ne va di unʼincondizionatezza.

 

Conclusione

Le Weltanschauungen svolte sin qui attivano uno stesso dispositivo teorico che ci conduce a pensare lʼesperienza umana sotto il duplice profilo della temporalità e dellʼeternità, della successione e della simultaneità.

Chi tra gli uomini, del resto, non ha mai fatto esperienza, almeno una volta, della forza evocativa della memoria involontaria, che sospendendo la nostra quotidianità ci fa riassaporare un episodio significativo del nostro passato che pensavamo distrutto e che invece ritorna e si chiarisce nel presente?

Queste esperienze di rimemorazione, dove una scheggia di passato ci tocca, ci attraversa e va oltre enigmaticamente, ci consentono di autoavvertirci come più che temporali. Infatti, è solo perché queste esperienze temporali non sono andate interamente distrutte e permangono in un loro nucleo di simultaneità, che ritornano con tutta la loro freschezza alla memoria. In questo senso si può dire che siamo per sempre e che il tempo perduto sarà tempo ritrovato.

 

 

Note con rimando automatico al testo

1 Cfr. H. Bergson, La Pensée et le mouvant [1934]; trad. it. Di Francesca Sforza, Pensiero e Movimento, Bompiani, Milano 2000.

2 Plotino, Enneadi, a cura di G. Faggin, Rusconi, Milano 1992, pp. 489-499

3 Platone, Timeo, a cura di F. fronterotta, Rizzoli, Milano 2003, pp. 136-137

4 G. W. F. Hegel, Enzyclopaedie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse [1817]; trad. it. a cura di F. Biasutti, L. Bignami, F. Chiereghin, G. F. Frigo, G. Granello, F. Menegoni, A. Moretto, Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in compendio, Verifiche, Trento 1987, p.233:

5 Cfr. M. Heidegger, Sein und Zeit [1927]; trad.it. a cura di Pietro Chiodi, Essere e Tempo, Longanesi, Milano 1976.

6 Possiamo immaginarci la morte come la voce della coscienza che ci sussurra: Cosa vuoi fare della tua vita? Scegliti! Sii te stesso, fai le tue scelte non perché così si fa, ma perché le senti tue.