AZIONI PARALLELE 
non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile
la 
"libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".

Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
Gabriella Baptist,
Giuseppe D'Acunto,
Aldo Meccariello
e Andrea Bonavoglia.
Sede della rivista Roma.

Nuova informativa sui cookie

AP on line e su carta

 

AP 6 - 2019
FALSIFICAZIONI
indice completo


 AP 5 - 2018
LA GUERRA AL TEMPO DELLA PACE
indice completo
(compra il libro
presso ARACNE) 


AP 4 - 2017
SCALE A SENSO UNICO
indice completo
(compra il libro
presso ARACNE
)


AP 3 - 2016
MEDITERRANEI
indice completo
[compra il libro 
presso ARACNE]


AP 2 - 2015
LUOGHI non troppo COMUNI
indice completo
[compra il libro 
presso ARACNE]


 AP 1 - 2014
DIMENTICARE
indice completo
[compra il libro 
presso ARACNE]



 

 I NOSTRI 
AUTORI

Mounier
di A. Meccariello e G. D'Acunto
ed. Chirico

[compra presso l'editore Chirico]


Modern/Postmodern
ed. MANIFESTO LIBRI
 
[compra presso IBS]


Solitudine/Moltitudine
ed. MANIFESTO LIBRI

[compra presso IBS]


 Vie Traverse
di A. Meccariello e A. Infranca
ed. ASTERIOS

[compra presso IBS]


L'eone della violenza
di M. Piermarini
ed. ARACNE

[compra presso ARACNE]


La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
ed. ASTERIOS 

(compra presso ASTERIOS)

L’“invenzione” del Mediterraneo. Nietzsche e Camus

 

«Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice».

J.-C. Izzo, Chourmo. Il cuore di Marsiglia

 

Il primo uomo siede sulla sabbia con lo sguardo rivolto alla linea blu dell’orizzonte. Oltre quel mare perfettamente piatto sembra non esserci nulla. Il ritmo delle onde che muoiono sul bagnasciuga produce una strana quiete, un profondo rispetto per il suo mistero. Perché ne siamo la sostanza, non perché ci sia qualcosa di più da sapere. Un mistero semplice, la conformazione delle cose grazie a cui ci è permesso pensarle, e vivere.

Il 4 gennaio 1960 Albert Camus si schiantò con l’automobile a Villeblevin, compiendo così, in una morte assurda, un’esistenza assurda. Tra gli oggetti che lo scrittore aveva con sé fu ritrovata una copia de La gaia scienza di Nietzsche regalatagli dal suo insegnante di filosofia Jean Grenier, nel 1933, quando ancora viveva in Algeria e poteva respirare il suo Mediterraneo. Camus portava con sé Nietzsche non solo nella borsa, ma anche nel pensiero. Chi meglio del tedesco aveva guardato negli occhi della vita mediterranea della civiltà greca, scorgendo in essa un legame autentico tra uomo e natura, garantito dall’equilibrio tra apollineo e dionisiaco, andato poi perduto con l’avvento dell’Atene classica del V secolo a. C.?1

Se l’apollineo vince sul dionisiaco, neutralizzandolo, se esiste una struttura razionale dell’universo, come vogliono Socrate e tutta la successiva filosofia classica, allora il tragico – la più grande manifestazione di questo “gioco” vitale si trova infatti nella tragedia attica: «il dramma è la rappresentazione apollinea sensibile di conoscenze e moti dionisiaci»2 – non ha più senso. Si spezza l’equilibrio della vita, l’uomo viene sradicato dal suo suolo. All’uomo, “corrotto” dall’ottimismo teoretico socratico, serve ora un escamotage che possa rendergli tollerabile il caos interiore, un’esasperata rassicurazione metafisica, sintomo e prodotto, per Nietzsche, di una cultura decadente, la stessa che innescherà il processo del nichilismo europeo.

Camus pensa la mancanza di equilibrio vitale dell’uomo, amplificata nel corso della storia dalle rivendicazioni di religioni e ideologie, come lo sbilanciamento verso il polo della ragione soffocatrice degli istinti, ossia nella vittoria dell’apollineo sul dionisiaco. Anche per Camus sono stati i greci arcaici, coloro che seppero trovare un accordo tra Apollo e Dioniso, a concepire un pensiero che rendesse possibile un modo autenticamente umano di abitare la terra, che, sì, convivesse con la presenza degli dèi, ma senza confondere umano e divino e rubare all’uomo la gioia dei sensi solo perché portatori di inganni e conflitti – la vita è questa, non può e non deve essere mistificata. Sono stati loro, nell’interpretazione di Camus, a “inventare” il Mediterraneo, inteso come la ricerca della misura, il fecondo equilibrio tra ragione e natura, o ancor meglio le nozze tra le due.

Il cedere dell’uomo alle lusinghe di un’unica finalità, di una razionalità stringente, religiosa o storicista che sia, lo ha indebolito e condotto allo smarrimento. Camus identifica questo momento di mistificazione come l’imporsi della storia sulla natura: 

[Nella storia] si compiono venti secoli di vana lotta contro la natura in nome di un dio storico dapprima, e poi della storia divinizzata. Senza dubbio, il cristianesimo non ha potuto conquistare la propria cattolicità se non assimilando quanto poteva del pensiero greco. Ma sperperata la sua eredità mediterranea, la Chiesa ha messo l’accento sulla storia a detrimento della natura, ha fatto trionfare il gotico sul romanico e, distruggendo in se stessa un limite, ha sempre più rivendicato la potenza temporale e il dinamismo storico.3

Due i temi chiave del pensiero camusiano che emergono da questo passaggio de L’uomo in rivolta: limite e Mediterraneo. È il limite, garante di una misura, eredità della cultura mediterranea, l’oggetto di rivendicazione di Camus. Ma la misura di cui parla non ha niente a che vedere con l’armonia apollinea, ordine illusorio, usurpatore del “gioco” vitale che lega l’uomo alla natura. Il concetto di misura di Camus è senz’altro più affine all’armonia nietzscheana tra razionale e irrazionale, apollineo e dionisiaco. Per lui la misura nasce dalla rivolta dell’istinto represso e non può viversi che per suo tramite:

È costante conflitto, perpetuamente suscitato e signoreggiato dall’intelligenza. Non trionfa dell’impossibile né dell’abisso. Qualunque cosa facciamo, la dismisura serberà sempre il suo posto entro il cuore dell’uomo, nel luogo della solitudine.4

Necessario alla misura è il confronto con la dismisura: un limite esiste solo se può essere superato; sarà poi compito dell’uomo scegliere che cosa fare. È chiaro che optando per una vita senza misura, oltre i limiti, l’unico traguardo raggiungibile sarà l’ingratitudine verso la natura, la nostra “natura” di uomini, a favore del trionfo dell’ipostatizzazione dell’irreale che illusoriamente ci domina e manovra dall’alto, delle teleologie, ideologie e religioni che allontanano l’uomo dalla realtà sostituendola con illusioni e ordini che si scontrano coi bisogni primariamente umani. Il limite da non superare, in questo caso, corrisponde alla stessa possibilità di una vita piena, fatta dell’accordo tra ragione e sentimento, libertà di capire e necessità di vivere coi mezzi di cui siamo a disposizione. Superando il limite, da una parte o dall’altra, alteriamo questa misura originaria, il tutto a nostro svantaggio. Perché la misura camusiana è quell’unico sentimento che ci permette di mantenere l’autenticità del rapporto vitale con la natura, ritrovare le nostre radici sepolte, capendo noi stessi, per poter vivere felici per (e con) quello che siamo.

Simbolo letterario dello spezzarsi dell’equilibrio tra uomo e natura è Lo straniero, il romanzo che nel 1942 portò Camus alla ribalta:

Tutto quel calore pesava sopra di me e contrastava il mio andare… Mi tendevo tutto per vincere il sole e quella ubriachezza opaca che esso riversava su di me. A ogni sciabolata di luce sprizzata dalla sabbia, da una conchiglia candida o da un frammento di vetro, mi si contraevano le mascelle.5

La conclusione di questo disaccordo tra il protagonista Meursault e la natura che lo avvolge saranno i quattro colpi di pistola riversati sul corpo dell’arabo disteso sulla spiaggia:

Dal mare è rimontato un soffio denso e bruciante. Mi è parso che il cielo si aprisse in tutta la sua larghezza per lasciar piovere fuoco. Tutta la mia persona si è tesa e ho contratto la mano sulla rivoltella. Il grilletto ha ceduto, ho toccato il ventre liscio dell’impugnatura e è là, in quel rumore secco e insieme assordante, che tutto è cominciato. Mi sono scrollato via il sudore ed il sole. Ho capito che avevo distrutto l’equilibrio del giorno, lo straordinario silenzio di una spiaggia dove ero stato felice.6

Attraverso la figura di Meursault, Camus riduce le bestialità del XX secolo (e della storia umana) a questo essenziale disaccordo tra uomo e natura e a quell’imporsi di principi irreali che snaturano ciò che di naturale, per definizione, esige l’uomo nella ricerca della felicità.

A prescindere dalla verità delle intuizioni di Nietzsche e Camus, figlie di spiriti lirici ancor prima che filosofici, rimane forte la necessità di ascoltare i loro moniti e intraprendere il cammino alla ricerca della misura perduta che ci appartiene. Riprendersi il Mediterraneo, il loro Mediterraneo: l’idea che il blu dell’orizzonte possa saziarci.

 

 

Note con rimando automatico al testo

1 La reinterpretazione della grecità è affidata da Nietzsche a La Nascita della Tragedia (1872).

2F.W. Nietzsche, Die Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik (1872); trad. it. a cura di S. Giametta, La nascita della tragedia, Milano, Adelphi, 1994, p. 61.

3 A. Camus, L’homme révolté, Paris, Gallimard, 1951; trad. it. a cura di L. Magrini, L’uomo in rivolta, Milano, Bompiani, 1994, p. 327.

4 Ivi, p. 329.

5 A. Camus, L’étranger, Paris, Gallimard, 1942; trad. it. a cura di A. Zevi, Lo straniero, Milano, Bompiani, 2010, p. 73.

6 Ivi,pp. 75-76.