Il testamento filosofico di Gottfried Wilhelm Leibniz

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Sin da giovane1Leibniz aveva manifestato la sua indole enciclopedica, cioè di un studioso che non si occupava soltanto di uno specifico settore del sapere. La sua vocazione filosofica fiorì tra gli scaffali della biblioteca paterna, che possedeva volumi legati a tutti i temi dello scibile: dalla letteratura alle scienze, dando modo al giovane di accrescere la sua sete di conoscenza:

 

Nella biblioteca c’erano tutti i libri possibili e immaginabili. Ossia tutti quelli che erano stati scritti e anche tutti quelli che avrebbero potuto esserlo2.

 

Leibniz conosceva molto bene quei volumi; li sezionava; li trasformava in cibo per la sua mente brillante; conosceva dettagliatamente i classici, e componeva anche qualche verso alla maniera dei poeti elegiaci.

Al di là delle questioni biografiche, Leibniz conservò sempre la sua irrefrenabile curiosità nel sapere. Svolse anche il ruolo di ambasciatore presso le più prestigiose e potenti corti europee. Uno dei suoi più grandi sogni, infatti, era quello di unire le diverse professioni di fede: ma fu un vero fallimento, rivelandosi una vera utopia.

Il filosofo di Lipsia tentò altre strade per sviluppare la sua idea di universalità del sapere. È bene precisare che Leibniz non è mai stato un pensatore sistematico, rendendo difficile tracciare un profilo ordinato del suo pensiero. Nel 1686 il filosofo tedesco aveva quarant’anni quando scrisse il suo Discorso di Metafisica3, in cui fece un primo tentativo nel fondare un sistema chiaro che avesse l’obiettivo di precisare gli argomenti principali della sua filosofia: 

 

È abbastanza difficile distinguere le azioni di Dio da quelle delle creature, come pure le azioni e le passioni delle creature medesime. Poiché alcuni credono che Dio faccia tutto, altri s’immaginano che egli si limiti a conservare la forza che ha dato alle creature: il seguito mostrerà in che misura si possa sostenere l’una o l’altra cosa. Ora, dato che le azioni e le passioni appartengono propriamente alle sostenze individuali (actiones sunt suppositorum), sarebbe necessario spiegare che cosa sia una sostanza individuale4.

 

Ma la sua mente versatile non consentì la formazione del suo ipotetico sistema, poiché i suoi studi, che non erano soltanto dedicati alla filosofia, provocarono diversi cambiamenti nel suo modo di pensare. Il filosofo di Lipsia condusse studi del tutto svariati: si occupò di fisica, di matematica e anche di giurisprudenza:

 

Il riflesso di questa universalità trova una diretta conferma negli inventari della biblioteca privata. Leibniz possedeva effettivamente libri in ogni campo del sapere, tutto ciò che riteneva necessario. […] Naturalmente la presenza e l’ampiezza di alcune classi all’interno della raccolta sono del tutto prevedibili, in quanto connesse agli aspetti più noti del pensiero leibniziano. Non può infatti sorprendere la consistenza delle sezioni dei Libri Mathematic, Physici e Historici5.

 

Pochi anni prima della morte, Leibniz scrisse un breve frammento6 in cui pose al centro delle sue riflessioni filosofiche sulla storia. Fino ad allora non aveva mai toccato questo spinoso argomento, anche perché la sua vita era del tutto caotica e piena di impegni politici. Forse aveva abbozzato un’idea di storia quando era ancora bibliotecario presso la corte del duca di Braunschweig: ma tutto resta ancora nell’incertezza. Anche in questo caso, è bene precisare che Leibniz non fu mai un filosofo che ebbe un’idea chiara di storia; sapeva molto bene dei rischi che poteva correre, data la vastità dell’argomento.

Nel 1715 il filosofo tedesco scrisse questo frammento, che prende il nome di Storia universale ed escatologia. In questo breve e denso scritto, Leibniz spiegò che non era possibile racchiudere tutti i minimi particolari della storia in unico libro; così facendo si dovrebbero ripetere tutti i gesti, le parole e situazioni di ogni singolo individuo:

 

Se ora supponiamo che il genere umano perduri nello stato in cui si trova ora sufficientemente a lungo da poter offrire materia alle Storie pubbliche (Historias pubblicas), è necessario che un giorno le storie pubbliche anteriori ritornino esattamente, ciò che così dimostro. […] Ma appare ben chiaro che il medesimo ragionamento vale se si discende alla Storia privata, e occorrerebbe solo immaginarsi un libro più lungo e assumere un numero di anni superiore7.

 

Dunque, è impossibile tutto questo, poiché una cosa è parlare della storia pubblica, altra cosa è la storia privata, cioè di ciascun individuo, perché in entrambi i casi si nascondono elementi più profondi e complessi. Pertanto, un altro punto interessante è la concezione, o meglio l’idea che Leibniz ha di storia. Il filosofo tedesco non aveva mai parlato di storia come semplice cronologia o come una successione ordinata di fatti, bensì ritenne opportuno parlare di Storia in senso metafisico; cioè Leibniz tentò di assegnare un significato, o un senso, alla storia:

 

Quindi, non vi è singolo evento storico o politico che possa essere considerato marginale o ininfluente e di cui non debba essere conservata la memoria8. 

 

La storia, infatti, nell’età moderna, è un problema complesso che non si sgancia dalla mera trattazione di singole tematiche di carattere teoretico, oppure morale; ma sollecita la curiosità degli studiosi nel conoscere precisamente gli eventi della storia, e di trovarne un senso. Però Leibniz non era storicista, né tanto meno era possibile considerarlo un filosofo della storia; ma le sue riflessioni intorno all’argomento sembrano quasi confermare il contrario. In effetti, il problema che si pone, leggendo attentamente il frammento, è evidente perché il filosofo non aveva lasciato intendere granché intorno alle questioni legate alla storia.

Ad un certo punto, Leibniz giunse alla conclusione che il genere umano non rimarrà mai nello stesso stato, perché è oggetto del divenire storico, e quindi oggetto di numerosi cambiamenti. Quest’ultimo passaggio è fondamentale perché il filosofo tedesco sembrò quasi tener unito l’universale, caratterizzato dal genere umano, e l’individuale. Dunque, malgrado l’aporia del frammento, Leibniz costringe il lettore ad un enorme sforzo ermeneutico, cioè a considerare la Storia universale come la perfetta sintesi, non in senso hegeliano, tra la Storia del genere umano (Historia pubblica) e la storia privata di ogni singolo individuo. Quest’ultima affermazione può potrebbe aprire diversi scenari di interpretazione, dando vita a studi sempre più specifici sul problema della storia nella filosofia di Leibniz.

Egli, pertanto, sembrò quasi lasciare in sospeso una delle problematiche più accese e che occupò buona parte del suo pensiero: la monade9. Forse il filosofo tedesco aveva trattato ampiamente il concetto di monade nelle sue opere precedenti, e quindi ritenne opportuno lasciare definitivamente la questione. In realtà, è necessario precisare che la monade restò il punto nevralgico di tutta la sua speculazione filosofica, e che Leibniz non definì mai chiaramente la monade, dato che l’argomento era abbastanza spinoso.

In effetti, il termine monade assunse significati sempre più controversi. Non a caso, Leibniz tentò di abbozzare un’idea di monade quando scrisse il suo Discorso di metafisica; però, all’epoca, prima del 1696, il filosofo tedesco non aveva ancora utilizzato il termine monade, bensì aveva parlato di sostanza individuale. Era anche un modo per prendere le distanze dai vecchi schemi medievali. Infatti il filosofo compì un passaggio fondamentale: passò dalla forma sostanziale alla sostanza individuale: 

 

Inoltre, ogni sostanza è come un mondo intero e come uno specchio di Dio o piuttosto di tutto l’universo, che ciascuna di esse esprime nella sua particolare maniera, press’a poco come una sola e medesima città viene in modo diverso rappresentata a seconda delle differenti posizioni di chi la guarda. Sicché, per così dire, l’universo si moltiplica tante volte quante sono le sostanze, e la gloria di Dio si moltiplica altrettanto, conformemente a tutte le diverse rappresentazioni della sua opera10.

 

Con quest’ultimo passaggio, Leibniz poté tagliare i ponti con le vecchie istanze medievali, pur sapendo di restare debitore di importanti teorie che risalivano al periodo storico precedente.

Pertanto il problema della storia di ogni singolo individuo, presente nel frammento del 1715, collegata alla storia del genere umano, potrebbe essere, pur con le sue difficoltà, un punto correlato con la questione della monade, aprendo così scenari sempre più innovativi. Quindi, si apre un altro divario, che sonda le sue radici su questioni pregnanti, quali la conciliazione della historia pubblica et historia privata, e della presunta accezione di una monade, la quale assume un ruolo preponderante nella Storia. Se Leibniz, infatti, avesse messo in rilievo la totalità, escludendo la singolarità, ci sarebbe una falla all’interno del suo pensiero; la sua monadeperderebbe il suo significato, tipico, come «specchio vivente dell’universo11».

Un altro aspetto non meno interessante rispetto ai precedenti, è la questione dell’Apokatàstasis, cioè il ritorno allo stato originario. Il principale sostenitore di questa teoria fu il filosofo Origene, nonostante che ci siano altre interpretazioni intorno al problema. Quest’ultimo concetto, infatti, assume molteplici significati, sia religiosi che filosofici. E la ripresa dell’Apokatàstasis la dice lunga sulla vasta cultura del pensatore tedesco, e del fatto che egli avesse trattato la questione della Storia alla luce di questo problema, con occhi completamente differenti. Perciò la storia non poteva mai essere trattata come semplice linea temporale, sulla quale collocare i fatti in maniera sistematica:

 

Secondo Leibniz nella storia (in ogni storia) ci sono dei salti, dei varchi, dei momenti di sospensione, ed è lì che si nasconde Dio, pronto ad agire secondo un suo disegno lungimirante. Ciò che sembra un continuum in realtà è un discretum. Al punto che l’apparente ripetizione dell’identico non impedisce lo sviluppo di piccolissime virtualità nascoste. […] Conclusione: nulla vieta di pensare che la circolarità della storia si tramuti in una spirale che ascende verso l’apocatastasi12

  

Infatti Leibniz, prima di morire, cercò di dare una sua interpretazione al concetto di storia, tentando di chiarire, in maniera definitiva, i vari nodi problematici che toccavano tutta la sua filosofia.

La questione però restò ancora aperta, lasciando ai filosofi successivi l’arduo compito di risolvere l’enigma. Dopo la sua morte, ci furono pensatori che avevano accolto l’eredità leibniziana, e dalle sue ceneri rielaborare il suo pensiero, includendo anche quest’ultima questione. Non a caso, nel Settecento tornò in voga il problema della storia tra i dibattiti filosofici; e da quel momento cambiò radicalmente la loro concezione intorno alla questione. Il filosofo napoletano, Giambattista Vico, pubblicò in tre edizioni (1725, 1730, 1744) la sua Scienza Nuova13, collocando al centro della sua trattazione filosofica, appunto, la storia. E forse Leibniz, prima, e Vico, dopo, furono consapevoli che il vento stava cambiando direzione. Nacque una modernità tutta nuova, completamente distaccata dai problemi del passato; distaccata dalle vecchie dispute tra le diverse e disparate scuole di pensiero. Anzi, attraverso la riflessione intorno alla storia, i problemi del passato assunsero un valore aggiunto; furono analizzati in maniera differente. La storia divenne da quel preciso periodo la culla di nuovi pensieri e di diverse teorie, anche sotto il profilo etico-politico e non solo metafisico.

Al di là delle questioni lasciate in sospeso, c’è da dire che il frammento di Leibniz, più che un testamento, fu quasi un ultimo ostacolo speculativo da cui partire per analizzare in maniera più approfondita la figura di questo enigmatico filosofo.

 

 

Note con rimando automatico al testo

1 Per ulteriori informazioni sulla biografia di Leibniz, vedi: M. R. Antognazza, Leibniz: una biografia intellettuale, Hoepli, Milano, 2015.

2 Sergio Givone, Il bibliotecario di Leibniz: Filosofia e romanzo, Einaudi, Torino, 2005, p. 5.

3 G.W.Leibniz, Discorso di Metafisica, a cura di Giuseppe Saponaro, Bibliosofica, Roma, 2003.

4 Ivi, p. 68, § 8.

5 Margherita Palumbo, Leibniz e la RES BIBLIOTHECARIA: Bibliografie, historiae literariae e cataloghi nella biblioteca privata leibniziana, Bulzoni Editore, Roma, 1993, p. 40.

6 G.W.Leibniz, Storia universale ed escatologia, il frammento sull’ Aπokataσtaσιs (1715), a cura di R. Celada Ballanti, Genova, Melangolo, 2001.

7 Ivi, p. 13.

8 Margherita Palumbo, Leibniz e la RES BIBLIOTHECARIA: Bibliografie, historiae literariae e cataloghi nella biblioteca privata leibniziana, Bulzoni Editore, Roma, 1993, p. 51.

9 G.W.Leibniz, Monadologia, a cura di Salvatore Cariati, Bompiani, Milano, 2008, p. 61, § 1. Per ulteriori approfondimenti sulla monade, vedi: G.W. Leibniz, Principi razionali della Natura e della Grazia, a cura di Salvatore Cariati, Bompiani, Milano, 2008, p. 37, § 1.

10 G.W.Leibniz, Discorso di Metafisica, a cura di Giuseppe Saponaro, Bibliosofica, Roma, 2003, p. 72.

11 Ivi, p. 85, §56.

12 Sergio Givone, Il bibliotecario di Leibniz: filosofia e romanzo, Einaudi, Torino, 2005, p. 6.

13 G. Vico, La Scienza Nuova: le tre edizioni del 1725, 1730, 1744, a cura di Manuela Sanna e Vincenzo Vitiello, Bompiani, Milano, 2012.