Fedor Dostoevskij, Il sogno di un uomo ridicolo

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Fedor Dostoevskij

Il sogno di un uomo ridicolo

 

a cura di A. Caterini

Ianieri, Silvi Marina (Te), 2015

EAN: 9788897417989, € 10

 



Un uomo sfiduciato della vita, un Pietroburghese indifferente a tutto, sta per diventare un discepolo del nulla, una vittima del dèmone nichilista, e vuole levare la mano su di sé, cioè suicidarsi.

Così l’indifferenza che prova per tutto sta per trasformarsi in un naufragio esistenziale, una caduta nell’abisso della distruzione, complice una rivoltella carica:

Fissando una stella in cielo, in una notte buia, si decide: “..risolsi di uccidermi quella notte” (p. 19)

Ma ecco giungere una bambina che lo afferra per il gomito, disperata. Il protagonista rientra in casa ma, malgrado la forte tentazione, non si spara, grazie alla bambina. Provava pietà per la bambina, per la prima volta non tutto le era indifferente.

Mi appariva chiaro che la vita e il mondo adesso era come se dipendessero da me” (p. 22)

Malgrado il suo rifiuto di dare soccorso alla bambina che lo implorava a mani giunte, il protagonista comincia a differire il suo suicidio.

Si addormenta. Riceve in sogno una visione, di quelle che vengono dal cuore, dai recessi profondi dell’animo, che lo condurrà ad una nuova vita, anziché alla morte per suicidio.

Nel sogno avviene ciò che era nel suo proposito: si spara al cuore e sente il suo essere tremare. Viene condotto al cimitero e sepolto. Chiuso nella fossa invoca Colui che, chiunque sia, esiste, e la bara si apre. Allora viene preso da un essere oscuro a lui ignoto che lo conduce lontano dalla terra. Questo essere non umano, che esiste, lo conduce a visionare la stella che fissava il giorno stesso del proponimento del suicidio. Il sognatore, promotore del mondo utopistico apparsogli nel sonno, è un uomo che soffre, per questo si rende insensibile, fin quasi a rendersi indifferente a tutto. Ma pur sepolta nel fondo del suo animo la scintilla della fede si rianima in lui di fronte alla richiesta di soccorso da parte dell’innocente. E nel sogno trova la via della sua liberazione. La traiettoria infuocata che una scintilla percorre lo conduce su una nuova terra, sotto nuovi cieli. Si tratta in un certo senso del ritorno alla condizione edenica.

Quella era la terra non insozzata dalla prima caduta, ci vivevano uomini che non avevano peccato, ci vivevano in un paradiso uguale a quello in cui vissero, secondo le tradizioni di tutta l’umanità, anche i nostri progenitori che caddero nel peccato” (p.29).

Dostoevskij vuole uscire dalla crisi dell’uomo, indicando la soluzione nella sublimità dell’amore religioso, inteso secondo una profonda espressione di fede ortodossa. Dostoevskij condannava senza appello la civiltà moderna col suo progressismo e la sua fede cieca nella scienza, inferiore al sapere di quegli uomini che, liberati dal peccato, integrano nella loro vita l’unità di tutti gli esseri della creazione. Quegli uomini riescono a parlare con gli alberi, amano gli animali, amano gli altri uomini e sono amati. E’ il regno della beatitudine universale, una continua comunione col Tutto universale. Il centro cherubico della loro vita è il cuore, non la crudeltà dei sensi o il rigore astratto dell’intelletto.

La loro vita, secondo l’ispirazione della Filocalia, è una mistica del cuore, una vita unificata nella gloria della beatitudine.

La sensazione della pienezza di vita mi toglieva il respiro e in silenzio pregavo per loro” (p.32). Malgrado si tratti di un sogno, di una fantasticheria del cuore, per il protagonista della storia questa visione vale come una “rivelazione della verità” (p.33)

Ma il male, l’elemento demoniaco della sensualità e dell’intelletto raziocinante (la “scienza”, il sapere che uomini ormai caduti nel peccato considerano “superiore al sentimento”) dilaga. Il Pietroburghese infetta quel mondo di pace e di beatitudine con il peccato, nato dalla menzogna, dalla sensualità e dalla violenza, dalla divisione del mondo e dall’egoismo. Lo stato edenico ne risulta disgregato e corrotto:

Cominciò la lotta per la separazione, per l’individuazione, per la personalità, per il mio e il tuo” (p.33).

L’amore di sé sovrasta quello per tutti. Nasce l’oppressione sulla base della schiavitù volontaria. Ma qualcosa è intervenuto nel protagonista: ora il protagonista ama gli uomini. perché sono nella sofferenza. E vuole espiare la sua colpa di depravazione. Si desta, comincia ad amare la vita e ad “invocare l’eterna verità” (p.36). Allora comincia a predicare la verità, l’unica verità, il Vangelo dell’amore.

Questa religiosità estatica che abbraccia, nel suo amplesso cosmico, astri, piante, animali e uomini, è il mondo mistico rappresentato dall’utopia di Dostoevskij. Nel suo cristianesimo mistico l’apertura al mondo, il rifiuto delle forme istituzionali e l’essenza personale del messaggio evangelico attingono la loro ispirazione dalla figura paradigmatica del Cristo, il cui amore radioso circonda l’uomo in tutti i momenti della sua vita.


(i riferimenti sono relativi all'edizione BIT del 1995, traduzione di A. Polledro)