Azioni Parallele

La scala di Penrose

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Nel 1958 Roger Penrose e suo padre Lionel pubblicarono un breve articolo1 dedicato alle illusioni visive sul British Journal pf Psychology. Alcune forme geometriche trattate in quell’articolo sono diventate popolarissime per merito soprattutto del celebre grafico olandese Maurits Cornelis Escher. Il triangolo e la scala, poi detti entrambi di Penrose, apparentemente realistici nel disegno ma di impossibile esistenza nella realtà tridimensionale, giocano con le nostre sensazioni e ci ingannano.

Può essere interessante, prima di rivedere i sensazionali disegni di Escher, capire come funziona davvero la scala di Penrose e perché è impossibile. Il disegno di quattro rampe in salita è corretto, ma alcune linee sono state spostate, creando e determinando l’impossibilità di ciò che ci sembra di vedere. Molto semplicemente, il disegno nasconde l’effettiva altezza della parete su cui si trova l’ultimo pianerottolo e contemporaneamente ci fa credere che un lato del sistema a quattro rampe (in alto) composto da sette gradini sia lungo quanto il lato in basso, composto da soli tre gradini! I disegni mostrano l'originale dei Penrose e una sua lettura analitica.

I due scienziati inglesi non fanno che mettere in evidenza quanto di fatto è illusorio nella concezione stessa di prospettiva, storicamente un trucco di altissimo livello per farci credere solido ciò che invece è piatto. Tralasciando quanto avevano già fatto i Romani, si va dalle prove empiriche di Giotto alle raffinatezze di Holbein, dalla finestra nel soffitto di Mantegna agli sfondati barocchi di Andrea Pozzo; le conoscenze geometriche e l’abilità grafica dei pittori erano riuscite a sconvolgere l’occhio dello spettatore, che vede qualcosa laddove quel qualcosa non c’è.

 

La prospettiva di Giotto, per quanto nuovissima, è ingenua e sperimentale; se osserviamo i piedi di Francesco in relazione con la base della chiesa, ci accorgiamo pienamente dell’errore tecnico nel disegno.

  

L’impressionante accuratezza di Hans Holbein giunge a risultati illusionistici nei dettagli degli oggetti esposti e pervade di mistero l’immagine con il teschio sbieco dipinto in anamorfosi al centro del quadro, distinguibile solo da un punto di vista laterale.

 

Mantegna gioca con la prospettiva e aggiunge una finestra nel soffitto della celebre camera degli sposi.


 Andrea Pozzo non si limita a sfondare il tetto della chiesa, ma aggiunge balconi e solenni architetture allo spazio interno della basilica di San Saverio a Cuneo.

 

La sfida della pittura alla scultura e all’architettura si manifestava come un insignificante trionfo di illusionismo, intangibile e privo di concretezza, ma efficacissimo appunto nella simulazione, nel vrtuosisimo, nell’effimera sembianza di realtà.

Se nel 1958 i Penrose giocano con figure impossibili, qualche anno prima il belga Magritte aveva giocato meglio e con maggior arte in vari quadri sottilmente efficaci nel dire la stessa cosa: ricordiamoci che la prospettiva non è che un trucco.

 

La copertura conica di una torre e la strada cittadina si confondono, dipinte da Magritte su una tela che si sovrappone perfettamente ad una realtà anch’essa dipinta.
 

 

Magritte non potrebbe essere più chiaro: se è dipinta, non è una pipa.

 

A seguire, Escher utilizza le trovate dei Penrose per dilettare il pubblico, senza alcuna pretesa di esprimere significati nascosti o meraviglie illusive, ma solo la propria abilità tecnica, lo studio della vertigine illusionistica, ripetuta incessantemente.

La fantasia dell’artista per una volta sorpassa le soluzioni tecniche, e se il maestro delle incisioni ne era stato debitore ai Penrose, sicuramente i Penrose hanno ricevuto da Escher assai di più di quanto furono in grado di regalargli.

 

Nota

1 L. S. Penrose, R. Penrose, Impossible objects: a special type of visual illusion, «British Journal of Psychology», 1958, vol. 49.