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Gramsci l’osservatore sociologo

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La riflessione di Gramsci sulle questioni sociali si sviluppa nell’ambito di un’ampia indagine sull’uomo inserito nella comunità, studio che ha le sue radici negli scritti giornalistici. Il linguaggio dei Quaderni del carcere1 ha un carattere specifico, determinato dalla censura carceraria e dalla necessità di sfuggire all’attenzione dei controllori, i quali per loro sfortuna non comprendevano il significato di certi lemmi e espressioni che erano per loro ermetiche e sconosciute.

Dagli appunti carcerari emerge un panorama della società italiana dell’epoca con la previsione di quello che poteva diventare in futuro. Gramsci osserva la società del suo tempo attraverso lo sguardo del sociologo, per lui nella comunità socialista ogni individuo dovrebbe essere protagonista, ma allo stesso tempo dovrebbe assumere la funzione di elemento cardine intorno al quale possa ruotare l’ingranaggio sociale; il soggetto individuale è l’elemento essenziale della catena sociale viva, del soggetto collettivo, perciò contro l’individualismo deleterio è preferibile la collaborazione collettiva. Si noti che Gramsci propone una visione d’insieme della società italiana, ma non ha mai pensato a un grandioso progetto teorico da realizzare nella immediata realtà di quegli anni, ma leggeva, scriveva appunti e studiava analizzando i dettagli di ogni problema. Nel contesto generale dei Quaderni l’individuo è importante quanto il soggetto collettivo; tutti gli uomini sono intellettuali, tutti sono filosofi, tutti hanno un ruolo di docente e discente allo stesso tempo, ma nessuno deve essere il capo indiscusso, non deve sottomettere gli altri alla propria volontà, perché sarebbe prevaricazione, abuso e violenza dell’uno contro l’altro, perché ogni individuo deve vivere nella comunità nel rispetto degli altri. L’immagine d’insieme che emerge dagli scritti gramsciani è unagerarchia sociale esente da un rapporto di supremazia e subordinazione, in cui l’esistenza di ognuno è essenziale per l’intera comunità. Tuttavia la direzione consapevole di una classe dirigente è necessaria e a pensarci bene è sempre esistita, anche se non sempre si è rivelata responsabile dei suoi atti fino ai nostri giorni.

Nell’articolo pubblicato nel 1917 su «Città Futura», Gramsci riflette sull’atteggiamento degli indifferenti rispetto a quanto accade nel contesto sociale che li circonda. Parafrasando il testo non possiamo escludere che “vivere vuol dire essere partigiani” nel senso più interessante dell’espressione: come uomini attivi che vivono per agire e non per sopravvivere passivamente. “Partigiano” è il soggetto pensante che appartiene al gruppo, alla comunità alla “catena sociale” umana viva, in cui ogni individuo opera nell’interesse collettivo, coinvolto consapevolmente per collaborare con gli altri nel gruppo sociale.

Nel linguaggio gramsciano leggiamo spesso «scala», parola inserita in vari contesti; se pensiamo alla scala sociale dobbiamo considerare che ognuno non deve prevalere sull’altro, e che esiste invece una gerarchia di uomini consapevoli che collaborano uniti nel rispetto di ogni individualità.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.2

Estendendo il discorso a un’intera classe sociale o all’insieme di classi che compongono una comunità cittadina, diventa rilevante il fattore economico e industriale e l’attenzione si diffonde in un territorio più vasto. Nel 1920 Gramsci aveva una netta percezione della situazione sociale ed economica delle città italiane. Lo sviluppo industriale di un centro urbano si valuta attraverso il ruolo di ogni uomo, delle classi sociali e della comunità cittadina, passando dal livello individuale a quello collettivo.

Si può dire che l’Italia ha tre capitali: Roma, come centro amministrativo dello Stato borghese, Milano come centro commerciale e finanziario del paese (tutte le banche, gli uffici commerciali e gli istituti finanziari sono concentrati a Milano), e infine Torino come centro industriale, dove la produzione industriale ha raggiunto il massimo grado di sviluppo.3

Gramsci è attento alla diffusione della cultura, delle idee e dei modi di pensare, come emerge sin dagli articoli giornalistici dei primi decenni del Novecento. Possiamo ipotizzare che vi siano due percorsi di pensiero distinti: il primo, ricorrente in tutti gli scritti gramsciani, riguarda la situazione sociale esistente in quell’epoca con la previsione, a lungo periodo, dei “disastri” che potevano accadere se non ci fosse stato un serio impegno degli “intellettuali”, si intenda bene che nel linguaggio gramsciano si tratta del ruolo specifico dell’uomo creativo, impegnato nel sociale e non del semplice letterato, evidenziando che il letterato è una delle tante categorie che appartiene all’intellettuale gramsciano. La seconda osservazione riguarda la creazione della futura società socialista, con la previsione degli esiti positivi realizzabili nella realtà.

Partendo da questa prospettiva potremmo compilare una o più carte tematiche per concentrare la nostra attenzione su diverse linee concettuali della riflessione gramsciana; la cartografia, con una proiezione in scala tematica, potrebbe aiutare a chiarire graficamente molti dettagli, su un tipo di comunità o sulla condizione della società italiana in una o più fasi della storia. Ma è importante non forzare i testi per avvalorare una teoria, anche se credo che rappresentino la base di partenza per lo sviluppo di una nuova interpretazione, come se volessimo dialogare con un autore così complesso e impegnarci in un nuovo modo di pensare e di progettare la vita delle nostre comunità contemporanee.

L’altra osservazione gramsciana riguarda la creazione della comunità socialista di individui consapevoli che cercano di costruire la nuova società attraverso la cooperazione e la collaborazione di tutti. Nella nuova comunità non deve esistere il dominio violento e la sopraffazione del potente sul più debole, ma ogni uomo è a un livello di parità con l’altro, in un percorso di maturazione e crescita culturale e morale in stretto dialogo e collaborazione all’interno della comunità e con gli altri gruppi sociali. Se esiste la gerarchia sociale, ciò è dovuto al fatto che si crea un rapporto educativo di collaborazione e non di supremazia e subordinazione, insomma non si tratta di una gerarchia piramidale di svariati livelli di vessazione e sottomissione con l’imposizione violenta della forza. Si noti che il discorso di Gramsci non è utopistico, perché non propone teorie trascendentali, mentre per lui tutto è azione e impegno reale nell’organizzare e realizzare con serietà, senza illusioni e senza grandi entusiasmi di fronte ai primi esiti positivi. La sua riflessione sul tema che stiamo esponendo è piuttosto complessa, tanto da occupare l’intera produzione dagli scritti giovanili fino alle Lettere e ai Quaderni del carcere.

Vediamo il primo tipo di osservazione sulla condizione della società. Seguendo la lettura dei brani possiamo ricostruire una mappatura, disegnando una o più carte tematiche. Sebbene le difficoltà della condizione carceraria e i limiti imposti dalla censura abbiano influito, credo che siamo dinanzi all’osservazione del sociologo competente. La reclusione non gli ha impedito di proporre percorsi di studio a volte chiaramente delineati, altre volte intuibili dalla nostra lettura interpretativa, come per il noto studio sugli intellettuali, esposto nel Primo Quaderno l’8 febbraio 1929 (Q 1, I,5)4, più volte citato e oggetto di riflessione e linee di pensiero differenti tra gli studiosi. E qui possiamo fare una precisazione doverosa: mai proporre un’interpretazione forzata che faccia “dire” a Gramsci qualcosa che non ha mai contemplato nella sua riflessione. È l’homo sapiens della politica? Escludo che abbia mai avuto alcuna ambizione di questo tipo, ma essere un pensatore politico certamente sì, è stato un propositore del socialismo moderno che poteva sicuramente dare una svolta diversa alla storia d’Italia, che invece è stata travolta da due guerre e da una dittatura della borghesia.

 

Classe, gerarchia o scala sociale?

Sicuramente la problematica dell’individuo è un aspetto importante del pensiero gramsciano, e sembra essere efficace per cercare di far luce nella complessità degli appunti carcerari; tuttavia è necessario focalizzare l’attenzione sul rapporto individuo-società, senza il quale non sarebbe possibile una riflessione critica. Gramsci è un sociologo sui generis che riesce a proporre “un’idea mondo” del sistema di relazioni tra gli uomini, e la nostra attenzione non può prescindere dalla visione d’insieme del panorama sociale. Qualche volta incontriamo il termine «scala», utilizzato probabilmente con un significato adattato al contesto del brano, mentre «classe» è un lemma frequente usato con un significato concettuale ben definito che cambia però sulla base del contesto in cui è inserito.

Per districarci nella complessità dei Quaderni, potremmo immaginare una successione orizzontale e non verticale, una serie di “gradini” interconnessi tra loro che formano la “scala sociale”, si tratta di un’immagine speculare che propongo per nostra convenienza, e che può essere la nostra chiave di lettura interpretativa.

È opportuno, nel complesso, considerare un fatto importante: l’esattezza di una teoria dipende dagli strumenti di studio impiegati, dalle condizioni psicologiche dell’osservatore, dagli obiettivi che intende perseguire, siano essi espressi chiaramente o intuibili, perché celati nei testi. Dalla lettura di vari brani emerge la capacità di analisi nei temi scelti, una metodologia di studio che offre una visione d’insieme del meccanismo di diffusione della cultura e delle idee, con l’indicazione degli strumenti più adatti per il processo di formazione della nuova comunità socialista.

A proposito di socialismo e cultura, che dà il titolo all’articolo pubblicato nel gennaio 1916, Gramsci riflette sul tipo di formazione culturale che deve essere organizzata sulla base di una scala di valori qualitativi e non quantitativi, la quantità dei dati è adatta solo alla stesura di una bella enciclopedia e non ha alcuna utilità.

L’uomo è soprattutto spirito, cioè creazione storica, e non natura. Non si spiegherebbe altrimenti il perché, essendo sempre esistiti sfruttati e sfruttatori, creatori di ricchezza e consumatori egoistici di essa, non si sia ancora realizzato il socialismo. Gli è che solo a grado a grado, a strato a strato, l’umanità ha acquistato coscienza del proprio valore e si è conquistato il diritto di vivere indipendentemente dagli schemi e dai diritti di minoranze storicamente affermatesi prima.5

Sulla base di queste considerazioni assume un particolare rilievo la questione meridionale, uno studio attento, sviluppato nell’omonimo saggio purtroppo interrotto, del problema Nord e Sud d’Italia, pur essendo una riflessione avviata nel 1926, è un tema ricorrente negli scritti gramsciani, a tal punto da diventare un problema ampio e complesso, relativo al periodo post-unitario e alla fase successiva6. Negli spazi territoriali cittadini e rurali vivono gruppi sociali, piccole e grandi comunità legate tra loro da relazioni culturali ed economiche. Anche in questo contesto il binomio “città-campagna” è studiato nel caso specifico italiano e confrontato con altri Paesi europei. La relazione tra i due territori rivela una serie di questioni e problemi: i lavoratori della campagna sono laboriosi e attivi, ma anche statici e passivi, mentre la comunità cittadina è caratterizzata da dinamicità, desiderio di rinnovamento, e funziona come centro commerciale di vendita dei prodotti della terra e come centro di direzione politica, infine anche come luogo di irradiamento della cultura e delle idee. Le relazioni “città campagna” e “Nord Sud” sono studiate attentamente, analizzando la realtà sociale delle campagne e delle città; in particolare considera l’aspetto culturale determinante nell’origine della contrapposizione tra Nord e Sud, e concentra l’attenzione sulle “diverse forme di cultura” e sul ruolo di Benedetto Croce, considerato il promotore del “movimento culturale”, diffuso nel Sud d’Italia, contrapposto al futurismo del Nord. La Sicilia è un’isola indipendente dal resto d’Italia e addirittura dal Meridione intero, ma non si può attribuire la causa del distacco a una volontà indipendentista, culturalmente parlando, perché alcuni personaggi protagonisti della storia hanno determinato questa situazione, e quindi, secondo Gramsci,

è notevole il fatto che la Sicilia si stacca dal Mezzogiorno per molti rispetti: Crispi è l’uomo dell’industria settentrionale; Pirandello nelle linee generali è più vicino al futurismo; Gentile ed il suo idealismo attuale sono anch’essi più vicini al movimento futurista, inteso in senso largo, come opposizione al classicismo tradizionale, come forma di un «romanticismo» contemporaneo. Q 1, 43, 35.

Protagonisti della storia come Crispi hanno rivolto la loro attenzione al Nord dimenticando il Sud, le isole e le campagne; eppure dal punto di vista culturale si attribuisce una parte di responsabilità a quegli intellettuali che hanno preferito aderire ai movimenti culturali del Nord, in particolare al futurismo. Gramsci attribuisce la responsabilità del distacco tra l’ambiente rurale e quello della città a certi atteggiamenti di determinati intellettuali poco attenti alla realtà locale in cui operano e interessati alla presenza delle strutture differenti delle proprie classi intellettuali:

Diversa struttura delle classi intellettuali: – nel mezzogiorno domina ancora il tipo del «curiale» [o del paglietta], che pone a contatto la massa contadina con quella dei proprietari fondiari e con l’apparato statale; – nel Nord domina il tipo del «tecnico» d’officina che serve di collegamento tra la massa operaia e la classe capitalistica; il collegamento tra massa operaia e Stato era dato dagli organizzatori sindacali e dai partiti politici, cioè da un ceto intellettuale completamente nuovo (l’attuale corporativismo, con la sua conseguenza della diffusione su scala nazionale di questo tipo sociale, in modo più sistematico e conseguente che non avesse potuto fare il vecchio sindacalismo, è in un certo senso uno strumento di unità morale e politica). Q 1, 43, 35-36.

L’Italia, alla ricerca della sua identità nazionale non ancora realizzata, ha numerosi problemi sociali e culturali, su cui bisogna concentrare l’attenzione; differenze e distacchi notevoli la dividono ancora in svariati stati, il processo di coscienza identitaria nazionale è un traguardo lontano. A riguardo nella nota Americanismo, del Quaderno 1 si riflette sul “mistero di Napoli”, l’analisi sociologica delle classi sociali di alcune città italiane proposta in queste pagine permette una visione d’insieme delle comunità cittadine di insoliti lavoratori. È noto che Gramsci leggesse articoli provenienti da varie fonti e svariati orientamenti politici e culturali, come giornali e saggi, pensiamo al “lazzaronismo”, espressione non sua, ma ripresa da Goethe. Lo scrittore tedesco del Viaggio in Italia7 rivolge l’attenzione ai napoletani, osservando le numerose attività giudicate da altri improduttive per il giudizio stereotipato creato da quello che Goethe definisce «un criterio nordico»; a suo parere, questa interpretazione errata non rappresentava affatto la realtà sociale della Napoli di fine Settecento. Gramsci interpreta la questione, sollevata da Goethe, come un ottimo suggerimento per approfondire una questione trattata da molti abili parlatori con una buona dose di superficialità, i quali liquidavano i napoletani con un giudizio affrettato, ritenendoli improduttivi di fronte alle svariate e laboriose comunità del Nord. Nel rifiutare questa immagine stereotipata, non si sofferma all’aspetto apparente e superficiale del problema, ma analizza il fenomeno da un altro punto di vista, descrivendo una situazione particolarmente complessa. Facile è giudicare superficialmente, mentre è molto difficile riflettere per comprendere, Gramsci preferisce congetturare, supporre, ipotizzare determinate motivazioni, insomma ragionare sui problemi sociali. Partendo dalle riflessioni di Goethe, punta la sua analisi descrittiva sulla capacità creativa dei napoletani che definisce «industriosità». Tuttavia è necessario chiarire perché non vi è un risultato produttivo di tanta capacità creativa; emergono diversi aspetti del problema: se non c’è produttività immediata, vero è che la dominazione selvaggia di certi proprietari terrieri del Sud (e non solo a Napoli) soffoca il processo produttivo. Dopo alcune osservazioni preliminari che fanno pensare a una sua valutazione positiva del problema, Gramsci individua il fattore negativo: «la produttività» dei napoletani «non è rivolta a soddisfare le esigenze di classi produttive», perciò non vi è la volontà da parte delle alte sfere dirigenziali di pianificare, progettare e riunire i gruppi dispersi e autonomi per organizzare un sistema produttivo di lavoro efficiente e vantaggioso per la comunità. Inoltre, passando da una considerazione positiva a una negativa della vita di Napoli, punta il dito su quei personaggi di spicco dell’epoca che usufruivano economicamente dei propri beni per sé e per la propria famiglia, senza far nulla di concreto per trasformare i mille mestieri e mestieranti in sistemi produttivi. Manca quindi la gestione consapevole di coloro che dovrebbero realizzare un sistema di organizzazione coordinata del lavoro, rendendolo produttivo per la comunità; la conseguenza è la condizione di miseria di migliaia di persone e la dispersione sociale del lavoro.

Napoli è una città dove i proprietari terrieri del Mezzogiorno spendono la rendita agraria: intorno a decine di migliaia di queste famiglie di proprietari, di più o meno importanza economica, con la loro corte di servi e di lacchè immediati, si costituisce una buona parte della città, con le sue industrie artigianesche, i suoi mestieri ambulanti, lo sminuzzamento incredibile dell’offerta immediata di merci o servizi agli sfaccendati che circolano nelle strade. Un’altra parte importante è costituita dal commercio all’ingrosso e dal transito. L’industria «produttiva» è una parte relativamente piccola. Questa struttura di Napoli (sarebbe molto utile avere dei dati precisi) spiega molta parte della storia di Napoli città. Q 1, 61, 70.

È il triste panorama della dispersione di migliaia di capacità individuali. Tuttavia Gramsci, per essere distaccato da qualsiasi stereotipo, estende la propria analisi alle altre città italiane: Palermo, la Sicilia e la Sardegna, ma anche le città toscane, umbre e perfino Roma, per non tralasciare Bologna, Parma, Ferrara e sottintendendo con «ecc.» una situazione di passività e mancanza di organizzazione produttiva del lavoro di molti gruppi sociali «subalterni», usando la nota espressione ricorrente nei Quaderni. Nella stessa nota prosegue:

Il fatto di Napoli si ripete per Palermo e per tutta una serie di città medie e anche piccole, non solo del Mezzogiorno e delle isole, ma anche dell’Italia centrale (Toscana, Umbria, Roma) e persino di quella settentrionale (Bologna, in parte, Parma, Ferrara ecc.). (Quando un cavallo caca, cento passeri fanno il pasto). Q 1, 61, 70-71.

Tornando alla campagna, precisa poi che il lavoro di migliaia di uomini nelle zone rurali produce ricchezza per pochissimi fortunati, definiti «borghesi della cittaduzza o del borgo», che assicurano la sola sopravvivenza al lavoratore della terra con la cessione della terra, «data a mezzadria primitiva (cioè affitto in natura) o in enfiteusi». Q 1, 61, 71. Gramsci dunque non concentra la sua analisi sulla sola Napoli, ma riflette anche sui pensionati di Stato, sugli uomini di Chiesa, e sull’assenza delle donne nei lavori produttivi (Ibidem). Nell’analisi gramsciana l’Italia soffre di un disequilibrio sostanziale: i gruppi passivi di profittatori vivono del frutto del lavoro dei gruppi produttivi, i quali vivono oppressi da malattie e dalla denutrizione in svariate zone; la tesi è avvalorata da fonti statistiche citate: le ricerche di Mario Camis nella «Riforma Sociale» (1926) e persino il discorso di Mussolini presentato al Senato per il bilancio preventivo degli anni 1929 e 1930. I problemi della disoccupazione e della popolazione parassitaria non produttiva testimoniano la situazione italiana dell’epoca. Alla fine del brano l’analisi viene estesa all’Europa meridionale, accennando anche all’India e alla Cina, in cui è palese il «ristagno della storia» (ibidem).

 

Strumenti appropriati per la diffusione della cultura

La cultura è indispensabile per creare una società equilibrata e i mezzi appropriati per la sua diffusione sono svariati; a tale proposito Gramsci fa un’osservazione di carattere filologico sul tema Riviste tipo (Quaderno 1) tra gli argomenti principali da approfondire. Il titolo si esprime da solo, Riviste tipo: teorica, critico-storica, di cultura generale (divulgazione) e Gramsci vi dedica una serie di note. Si noti che l’argomento subisce una variazione nel Quaderno 8, dove leggiamo: Raggruppamenti di materia (Q 8, 936). A riguardo, in una nota a piè di pagina, Valentino Gerratana spiega che è stato cancellato e sostituito con Argomenti di cultura (Q 4, 60, 505); nell’elenco del Quaderno 8 troviamo anche Appunti sul giornalismo. La spiegazione è semplice: si tratta di una delle linee di sviluppo del pensiero gramsciano che prende forma negli appunti di studio con alcune variazioni della terminologia usata. Nel voler attribuire un senso logico alle note e appunti sparsi sull’argomento, si può ipotizzare che si tratti di riflessioni sul processo di formazione della nuova società formata da diverse classi sociali, da quella operaia alla borghesia. Questi temi appartengono allo stesso sviluppo del progetto comunità socialista pensato negli anni precedenti al 1920 e nella immediata fase successiva. La formazione culturale è fondamentale e nelle note Argomenti di cultura (Q 4, 89, 530). Gramsci analizza il panorama della stampa nazionale e internazionale; sembra un progetto in fieri, considerando che il brano è riscritto nel testo C del Quaderno 16 con maggiore attenzione nell’uso del lessico8. Soffermiamoci su alcune modificazioni del brano di tipo C:

I giornali delle grandi capitali. Una serie di saggi sul giornalismo delle più importanti capitali degli Stati del mondo, seguendo questi criteri: 1) Esame dei giornali quotidiani che in un giorno determinato (non scelto a caso, ma in cui è registrato un qualche avvenimento importante per lo Stato in quistione) escono in una capitale – Londra, Parigi, Madrid, Berlino, Roma ecc. – per avere un termine il più omogeneo possibile di comparazione, cioè l’avvenimento principale e la relativa somiglianza degli altri, in modo da avere un quadro del modo diverso con cui i partiti e le tendenze riflettono le loro opinioni e formano la così detta opinione pubblica. Q 16, 4, 1846.

Esaminando i vari tipi di riviste e giornali, è possibile chiarire la motivazione di certi cambiamenti; per la stampa periodica è interessante osservare la tiratura, il personale dipendente che vi lavora, la fonte dei finanziamenti e capire chi gestisce la direzione centrale di un giornale e perché. Disegnando una carta tematica noi potremmo illustrare graficamente l’intero processo di diffusione delle “tendenze ideologiche” da parte di una fonte editoriale, così come è descritto da Gramsci nel suo tentativo di chiarire le motivazioni della pressione di un certo tipo di stampa di tendenza sull’«opinione pubblica»; si noti che questa espressione è aggiunta nel brano di seconda stesura (testo di tipo C) ed è invece assente nel corrispondente brano di prima stesura del Quaderno 4 (cfr. Q 4, 89, 530). Quindi comprendiamo che Gramsci ha attribuito un significato importante a «opinione pubblica», in quanto la parte finale del processo di diffusione delle idee è proprio il destinatario non il mittente, il soggetto o l’insieme dei soggetti che compongono l’opinione pubblica, i quali potranno determinare certi cambiamenti nella società, ma guidati da chi gestisce il centro di diffusione del sapere. I lettori saranno coinvolti in un processo di trasformazione psicologica dei propri gusti, della mentalità e della visione della realtà sociale in cui vivono, elementi fondamentali che influiranno sulle loro scelte culturali e ideologiche e sul loro orientamento politico. È chiaro che il meccanismo mentale indotto avverrà nel lettore comune in modo inconsapevole e incosciente senza che se ne renda conto. Si pensi quanto è importante il senso di responsabilità di chi gestisce il processo di diffusione delle idee; è una questione etico-morale, perché una cattiva gestione potrebbe generare esiti negativi, o addirittura reazioni incontrollate. Gli elementi utili per la compilazione di un’eventuale mappatura grafica sono deducibili da alcuni punti base suggeriti nel Quaderno 16 e elencati numericamente. Segue il punto 2 al primo che abbiamo già citato:

2) Esame di tutta la stampa periodica, di ogni specie (da quella sportiva, ai bollettini parrocchiali) che completa l’esame dei quotidiani, in quanto sono pubblicati dopo il quotidiano tipo.

3) Informazioni sulla tiratura, sul personale, sulla direzione, sui finanziatori, sulla pubblicità. Insomma si dovrebbe ricostruire per ogni capitale l’assieme del meccanismo editoriale periodico che diffonde le tendenze ideologiche che operano continuamente e simultaneamente sulla popolazione. Q 16, 4, 1846.

 

Come dovrebbe essere la comunità socialista?

Esaminando gli scritti gramsciani citati finora, notiamo che sono presi in esame i problemi sociali nei dettagli, e che si profila l’ipotesi di un’instaurazione della nuova civiltà socialista. Per Gramsci è necessario diffondere una nuova concezione del mondo attraverso i mezzi di diffusione culturale: le riviste e i giornali. Nel brano di unica stesura Storia del giornalismo italiano, sono elencate le caratteristiche principali che un buon quotidiano deve avere per essere comprensibile ai lettori e alle aree difficilmente raggiungibili; innanzitutto sono indispensabili i supplementi mensili di approfondimento di determinanti temi filosofici, dedicati all’arte, al teatro, ma anche ad argomenti economici e sindacali. Accenna alle difficoltà di approfondimento delle questioni relative all’agricoltura «il più difficile da farsi è quello agrario: tecnico-agrario o politico agrario per i contadini più intelligenti?» Si noti che è sottintesa la necessità di rendere i brani comprensibili per i lettori che non hanno un livello culturale elevato. (Q 6, 57, 727-728). Torniamo allora all’intellettuale di professione, cioè al giornalista responsabile della diffusione di notizie e di analisi sociali, che dovrebbe lavorare in condizioni di libertà espressiva:

In generale, le funzioni di un giornale dovrebbero essere equiparate a corrispondenti funzioni dirigenti della vita amministrativa e da questo punto di vista dovrebbero essere impostate le scuole di giornalismo, se si vuole che tale professione esca dallo stadio primitivo e dilettantesco in cui oggi si trova, diventi qualificata e abbia una compiuta indipendenza, cioè il giornale sia in grado di offrire al pubblico informazioni e giudizi non legati a interessi particolari. Q 6, 106, 778.

La funzione del “capocronista” di un giornale è fondamentale, deve avere le competenze adatte per svolgere il ruolo di osservatore dei problemi e delle questioni sociali della comunità che vive in città. Questo tipo di intellettuale addetto all’analisi della vita cittadina deve avere una formazione adatta per svolgere la sua funzione. Tuttavia l’esistenza di giornali informativi che esprimono un’opinione ben definita è un dato reale su cui Gramsci riflette nella nota Giornalismo. La rassegna della stampa (Q 8, 110, 1005-1006).

Pensando alla capacità creativa dell’uomo gramsciano, potremmo ipotizzare un progetto di creazione della nuova comunità attraverso l’analisi degli appunti; sicuramente si tratta di un argomento, il cui percorso tematico va ricostruito attraverso la lettura analitica dei brani. Gli organi di stampa sono fondamentali per il loro dinamismo e per la capacità di influenzare i lettori, per la diffusione di semplici notizie o di saggi a carattere scientifico o umanistico, ma anche di una specifica ideologia. L’uso che se ne fa dipende dal grado di responsabilità etica e morale del soggetto o dei soggetti che svolgono la funzione dirigenziale di gestione e diffusione della comunicazione.

Argomenti di cultura. Materiale ideologico. Uno studio di come è organizzata di fatto la struttura ideologica di una classe dominante: cioè l’organizzazione materiale intesa a mantenere, a difendere e a sviluppare il «fronte» teorico o ideologico. La parte più ragguardevole e più dinamica di esso è la stampa in generale: case editrici (che hanno implicito ed esplicito un programma e si appoggiano a una determinata corrente), giornali politici, riviste di ogni genere, scientifiche, letterarie, filologiche, di divulgazione ecc., periodici vari fino ai bollettini parrocchiali. Sarebbe mastodontico un tale studio se fatto su scala nazionale: perciò si potrebbe fare per una città o per una serie di città una serie di studi. Un capocronista di quotidiano dovrebbe avere questo studio come traccia generale per il suo lavoro, anzi dovrebbe rifarselo per conto proprio: quanti bellissimi capicronaca si potrebbero scrivere sull’argomento! Q 3, 49, 332-333.

Dalla lettura dei brani è possibile disegnare varie mappe interattive e riunirle in un atlante, raccogliendo le carte tematiche che illustrano in modo esauriente un determinato argomento filosofico, politico, economico9. Anche se il linguaggio cartografico può avere dei limiti nella descrizione di tematiche così complesse, dobbiamo ammettere che potrebbe essere un valido strumento di studio affiancato alle numerose antologie dei Quaderni.I concetti e gli svariati temi su cui Gramsci riflette ci conducono inevitabilmente nella logica complessa dei suoi ragionamenti che presenta una struttura inusuale, tale da sembrarci di difficile comprensione, e il rischio è il fraintendimento. Pertanto le letture interpretative finora proposte da critici letterari, sociologi e filosofi hanno analizzato la struttura dello sviluppo del pensiero gramsciano dagli scritti giovanili ai Quaderni per tentare di percepire il più possibile la vera essenza dei concetti gramsciani e soprattutto per chiarire lo sviluppo del suo pensiero dagli scritti giornalistici fino a quelli carcerari. Sebbene non sia possibile parlare di “scala”, la creazione di carte tematiche potrebbe rappresentare graficamente una realtà complessa attraverso diagrammi e grafici, soffermandoci a riflettere sulle linee concettuali che sono state oggetto principale della riflessione gramsciana, lette a livello diacronico.

Vogliamo ora fare il punto sulla metodologia analitica di studio seguita da Gramsci nelle note sparse dei suoi appunti. Nel Quaderno 1 con la nota Riviste tipo si riflette sulla questione degli intellettuali e sul concetto di «egemonia»; le riviste sono strumenti di lavoro necessari per la corretta diffusione di specifiche tematiche su un determinato argomento letterario, politico o scientifico10.

Nelle riviste di questo tipo sono indispensabili alcune rubriche: – un dizionario enciclopedico politico-scientifico-filosofico. In questo senso: in ogni numero sono pubblicate una o più piccole monografie di carattere enciclopedico su concetti politici, filosofici, scientifici che ricorrono spesso nei giornali e nelle riviste e che la media dei lettori difficilmente afferra o addirittura travisa. In realtà ogni movimento politico crea un suo linguaggio, cioè partecipa allo sviluppo generale di una determinata lingua, introducendo termini nuovi, arricchendo di nuovo contenuto termini già in uso, creando metafore, servendosi di nomi storici per facilitare la comprensione e il giudizio su determinate situazioni politiche attuali, ecc. ecc. Le trattazioni devono essere veramente pratiche, cioè devono riallacciarsi a bisogni realmente sentiti ed essere, per la forma d’esposizione, adeguate alla media dei lettori. Q 1, 43, 31-32.

Le relazioni tra comunità e substrato culturale, politico e tecnologico sono le condizioni essenziali che costituiscono l’influenza dell’ambiente sul comportamento umano, osservando le condizioni sociali e culturali di uno specifico territorio della grande città o del piccolo centro in una determinata epoca. L’insieme dei valori e degli obiettivi della comunità possono essere considerati come una forma di cultura della comunità stessa. Possiamo ipotizzare l’esistenza di tre tipi di territorio: lo spazio in cui si concentrano le classi sociali, l’area caratterizzata da risorse culturali e tecnologiche sfruttate dall’uomo (o non sfruttate adeguatamente), l’area in cui si muovono flussi di energie individuali e collettive e scambi di informazioni tra gli individui attraverso cui la comunità può avere relazioni con le altre. Per Gramsci la società è organizzata quando le sue risorse culturali ed economiche sono utilizzate nel processo di maturazione dell’intera collettività, sapendo che alcune comunità hanno un livello di complessità più o meno elevato. I rapporti tra comunità e substrato culturale e tecnologico danno vita a gruppi sociali organizzati che possono essere semplici o complessi. Ogni comunità ha una sua struttura, all’interno della quale ogni individuo svolge una funzione specifica o un insieme di funzioni, riferendoci al rapporto che si instaura tra l’individuo del gruppo e le esigenze dell’intera comunità. È importante precisare che ogni soggetto non può essere considerato in sé e per sé, ma solo in rapporto con gli altri soggetti del gruppo sociale.

Alcune linee tematiche dell’analisi gramsciana possono suggerire percorsi di lettura riuniti nei seguenti punti principali:

1. quali sono le risorse che l’ambiente offre alla comunità (gruppo sociale)? E come queste risorse vengono utilizzate o sprecate.

2. quali sono i rischi di eventi fuori controllo, se esistono?

3. quali sono le condizioni che possono generare i problemi sociali?

Gramsci analizza le strutture demografiche della comunità attraverso la lettura dei dati anagrafici, ripresi da alcune riviste e libri che riesce ad avere in carcere; gli andamenti delle nascite, il numero dei lavoratori in un determinato settore e altri argomenti simili lo interessano particolarmente. Riflette sui flussi migratori da un ambiente all’altro, per esempio dalla campagna alla città, osservando le differenze di un luogo rispetto all’altro e studiando le relazioni esistenti e le cause. Interessato particolarmente ai problemi italiani, si sofferma a studiare le strutture per sesso e per età, le strutture professionali e le strutture sociali di vario tipo sulla base di uno specifico tema. L’obiettivo della metodologia seguita nell’analisi della struttura sociale è riflettere sulla funzione che ogni individuo svolge all’interno della comunità, pensando agli operai, agli impiegati, ai dirigenti di un particolare settore; per la categoria “intellettuali” pensa alla particolare predisposizione di ogni individuo: l’intellettuale è colui che intraprende una serie di relazioni e funzioni nella comunità, pensando a vari tipi di capacità umana di organizzazione e di ragionamento. Da un punto di vista sociologico, Gramsci riesce a proporci una classificazione strutturata in modo complesso, che dobbiamo ricostruire attraverso i suoi appunti sparsi. Progettando un grafico o un diagramma, potremmo disegnare una mappatura delle diverse classi sociali piuttosto interessante: la borghesia, le classi medie imprenditoriali, contrapposte agli operai salariati delle zone urbane e ai contadini delle regioni agricole. In alcuni brani Gramsci cerca di puntualizzare la struttura demografica della popolazione, citando fonti editoriali o gli articoli dei giornali in cui ha letto le analisi demografiche sull’aumento della popolazione e delle nascite. A proposito di un articolo di Giorgio Mortara sulla natalità e l’incremento demografico in Italia, evidenzia come l’argomento sia trattato da un punto di vista strettamente statistico, e (usando una sua espressione) con «una grande cautela nel dare giudizi, specialmente di portata più immediata». Q 2, 124, 263.

Per la diminuzione della mortalità il Mortara fissa tre cause principali: progresso dell’igiene, progresso della medicina, progresso del benessere, che riassumono in forma schematica un gran numero di fattori di minore mortalità (un fattore è anche la minore natalità, in quanto le età infantili sono soggette ad alta mortalità). Il fattore preponderante della bassa natalità è la decrescente fecondità di matrimoni, dovuta a volontaria limitazione, inizialmente per previdenza, poi per egoismo. Se il movimento si svolgesse uniformemente in tutto il mondo, non altererebbe le condizioni relative delle varie nazioni, pur avendo effetti gravi per lo spirito d’iniziativa, e potendo essere causa d’inerzia e di regresso morale ed economico. Ma il movimento non è uniforme: vi sono oggi popoli che si accrescono rapidamente mentre altri lentamente, vi saranno domani popoli che cresceranno celermente mentre altri diminuiranno. Q 2, 124, 265.

Proseguendo la lettura della nota, incontriamo un’osservazione sull’immigrazione, sorprendente per la sua attualità nell’Europa di oggi:

Già oggi in Francia l’equilibrio tra nascite e morti è faticosamente mantenuto coll’immigrazione, che determina altri gravi problemi morali e politici: in Francia la situazione è aggravata dalla relativamente alta percentuale di mortalità in confronto dell’Inghilterra e della Germania. Ibidem.

Pensare alla creazione di una nuova comunità vuol dire pensare al futuro di quella società, ma realizzare il nuovo è anche iniziare una nuova fase della storia, ed è necessario conoscere, analizzare, riflettere e studiare. Diffondere la cultura e il sapere vuol dire conoscere e comprendere.

A proposito della creazione di una società socialista o comunistica quale emerge dalla lettura analitica degli scritti, non è importante stabilire se Gramsci avesse in mente un progetto così vasto e imponente, mentre il problema reale è domandarsi se in quell’epoca esistesse la volontà reale di realizzare questo tipo di società ad opera di altri, soprattutto perché la questione fondamentale è: esisteva la volontà di affrontare le complesse difficoltà che ne sarebbero derivate? A riguardo penso al nostro futuro e mi domando se siamo veramente convinti che la nostra società non abbia bisogno di un rinnovamento totale. Qual è il futuro che stiamo costruendo?

 

 

Note con rimando automatico al testo

1 A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, 4 voll., Torino, Einaudi, 1975.
 
2 A. Gramsci, Gli indifferenti, in Le opere. La prima antologia di tutti gli scritti, a cura di A. A. Santucci, Roma, Editori Riuniti, 1997, p. 24.
 
 
3 A. A. Santucci, Antonio Gramsci 1891-1937, Palermo, Sellerio, 2017, p. 56.
 
 
4 Le abbreviazioni inserite nel testo sono riferite alle opere di Gramsci. Q = Quaderni del Carcere, a cui segue numero del Quaderno, il numero della Nota in corsivo e della pagina in tondo. Cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere, cit.
 
5 A. Gramsci, Cronache torinesi. 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, Torino, Einaudi, 1980, p. 101.
 
6 A. Gramsci, Alcuni temi della questione meridionale, in Le opere, cit., pp. 179-204.
 
7 J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Milano, Mondadori, pp. 368-376. Da parte sua, Goethe commenta il giudizio affrettato di Volkmann sull’esistenza di circa «quaranta mila fannulloni» a Napoli; si tratta di uno stereotipo dell’uomo nordico che ama vantarsi della propria presunta perfezione di fronte alla povertà di molte persone “industriose” del Sud; tuttavia. se è facile giudicare, al contrario è molto difficile ragionare e riflettere sulle questioni sociali. Goethe scrive: «Dopo aver acquisito qualche conoscenza delle condizioni di vita del Sud, non tardai a sospettare che il ritenere fannullone chiunque non s’ammazzi di fatica da mane a sera fosse un criterio tipicamente nordico. Rivolsi perciò la mia attenzione preferibilmente al popolo, sia quando è in moto che quando sta fermo, e vidi, bensì, molta gente mal vestita, ma nessuno inattivo».
 
8 Negli appunti carcerari molte note sembrano ripetersi. In realtà Gramsci era solito rileggere e modificare in un secondo tempo i brani scritti precedentemente; nell’edizione curata da Valentino Gerratana vengono indicati come testi A le note di prima stesura, testi B quelle in stesura unica, e infine testi C quelle in seconda stesura. Da questa classificazione emerge che Gramsci modificava i suoi appunti, arricchendoli di altri dettagli importanti e approfondendo specifiche tematiche nella seconda stesura.
 
9 Un progetto importante, suggerito più volte da Giorgio Baratta, riguarda la creazione di un atlante tematico che possa schematizzare i concetti gramsciani con alcune mappature tematiche, aiutando a comprendere le tematiche e le loro inter-connessioni. Al momento attuale il progetto attende di essere realizzato.
 
10 Per capire il reale significato di egemonia nel linguaggio gramsciano si legga il lemma nel Dizionario gramsciano. Cfr. G. Liguori, P. Voza(a cura di), Dizionario gramsciano 1926-1937, Roma, Carocci, 2009.