Predrag Matvejević, Il Mediterraneo e l'Europa. Lezioni al Collège de France e altri saggi

  • Stampa


 

Predrag Matvejević

Il Mediterraneo e l'Europa.

Lezioni al Collège de France e altri saggi

 

Milano, Garzanti, 2008

pp. 146, ISBN 978-88-11-67497-9, €. 9,50



 

 

Matvejević è uno dei massimi studiosi del Mediterraneo, autore dell'indimenticato Mediteranski Brevijar, pubblicato nel 1987 in serbo-croato e tradotto poi in francese, italiano e in tante altre lingue, dissidente nell'ex Iugoslavia, è da sempre un intellettuale impegnato a comprendere i conflitti contemporanei che tormentano il mare nostrum: con le sue coste, golfi, abitanti che "in ogni punto" rischiano nuove divisioni e nuovi muri. Il Mediterraneo e l'Europa raccoglie le lezioni tenute nel marzo del 1997 al Collège de France, strutturate nella prima parte in Nomi, mare, isole e golfi e nella seconda parte in Linee di demarcazione, situazioni, tradimenti, l'Europa centrale e il suo mito. Il punto di partenza del ragionamento di Matvejević muove, sulla scia di Fernand Braudel, dalla declinazione al plurale del Mediterraneo che significa mille cose insieme, innumerevoli paesaggi, innumerevoli mari, «non una civiltà ma più civiltà ammassate l'una sull'altra» (p. 23) e dalla revisione critica delle rappresentazioni che del Mediterraneo si sono fin qui date sempre in maniera rassicurante.

L'Autore reclama un altro approccio, un'altra modalità di indagine che registra invece uno scarto tra il Mediterraneo e la modernità, la difficile convivenza tra culture e religioni diverse, «ai nostri occhi uno smacco crudele» (p. 25). Come si può considerare un vero insieme questo mare, se ancora duri conflitti dilagano e perdurano in Palestina, in Libano, a Cipro, nel Maghreb, nei Balcani, nell'ex Iugoslavia? Interrogativo assai più inquietante e premonitore se analizziamo oggi la situazione, a distanza di quasi vent'anni, in Libia, in Siria, in Egitto, o guardiamo con preoccupazione al terrorismo devastante del fantomatico Stato islamico. Impotente ieri, impotente oggi, l'Unione Europea fatica ad avere una linea comune, avendo trascurato per anni la complessa geografia del Mediterraneo. «Il nazionalismo è di nuovo parte del nostro destino» (p. 100).

La nostra epoca ha certo il merito, continua Matvejević, di aver sottolineato il diritto alla differenza, ma occorre ricordare che i «valori non si identificano con la differenza in quanto tale ma sono determinati dai rapporti tra le differenze» (p. 99).È qui, e da solo qui, in questo "rapporto tra le differenze", che può nascere una nuova laicità. Una laicità che abbia per oggetto non solo una o più religioni, ma che sappia prender posizione anche rispetto ad una concezione religiosa della nazione o a una ideologia divenuta religione. In ogni punto dello spazio mediterraneo si aprono crepe, si erigono muri: se il bilancio di fine secolo di Matvejević tende ad essere pessimistico, il suo ammonimento “Sono immense le incongruenze che hanno contrassegnato le diverse civiltà e culture del Mediterraneo, vecchie e nuove” è tragicamente attuale dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles. Volgendo lo sguardo, peraltro con punte autobiografiche, all'altra Europa che si è integrata nella UE con mille contraddizioni dopo il crollo del comunismo, l'analisi impietosa di Matvejevic non cambia dinanzi «a tanti comportamenti conservatori, atteggiamenti tradizionalisti, stati d'animo retrogradi che riemergono nella maggior parte dei nostri paesi. Bisogna armarsi di nuove forme di critica, sociali e culturali a un tempo, indipendenti o dissidenti, senza risparmiare la vecchia nazione o il nuovo Stato, né le rispettive politiche o ideologie» (p. 103).

Come in una sfera di vetro l'Autore che rimane inascoltato ha previsto con largo anticipo i muri che ora s'innalzano in Polonia e in Ungheria contro i migranti. I disaccordi e le divergenze tattiche e strategiche dei governi e degli apparati burocratici all'interno dell'Unione Europea non promettono nulla di buono soprattutto quando si vogliono affrontare o risolvere i gravi problemi dell'economia e della instabilità politica, religiosa e sociale dei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Delle immense sacche di povertà, di disoccupazione e di analfabetismo si serve l'ISIS che gioca la carta del terrore contro l'Europa.

Matvejević sembra convinto, come altri studiosi autorevoli del Mediterraneo, che bisogna rifuggire dagli universalismi etici per costruire invece le condizioni di un 'pluriversalismo' tollerante e inclusivo. L'universalismo divide perché nega la diversità e la complessità nel momento stesso in cui postula il consenso universale. Evidentemente c'è anche un fondamentalismo della modernità che tende a stigmatizzare solo barbarie, oscurantismi, oppressioni e repressioni. È sbagliato difendere una modernità uniforme o conformista e obbligatoria per tutti. Occorre forse partire da questa premessa per ripensare lo spazio-mediterraneo nelle sue dinamiche storico-sociali, materiali e culturali perché – avverte Matvejević – l'immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto.