Stefano Crisafulli, L’arte e il grido
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- Pubblicato 14 Dicembre 2014
- di Andrea Bonavoglia
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Stefano Crisafulli
L'arte e il grido
Percorsi filosofici tra pittura e cinema
Trieste, Asterios, 2014, pp. 85,
ISBN 9788895146393, Euro 12,00
L’arte e il grido di Stefano Crisafulli è un interessante saggio, pubblicato da Asterios, che cerca di indagare l’arte del Novecento con gli strumenti della filosofia. La lodevole intenzione di Crisafulli, docente di filosofia, è chiaramente divulgativa e lancia numerosi spunti degni di approfondimento per quanti, studenti o no, vogliano capire meglio la produzione artistica del XX secolo e di oggi.
Il saggio segue un percorso cronologico e propone una lettura del Novecento basandosi sulla metafora del grido, palesemente ispirata dal celebre quadro di Edvard Munch. Introducendo questa carrellata, Crisafulli sottolinea con acutezza come la pittura (solo di pittura si tratta nel libro, con qualche nostalgia per tanti capolavori plastici) sia ancora valutata sulla base della somiglianza con le cose:
Nel senso comune, infatti, il presupposto della somi glianza in campo artistico ha mantenuto per lungo tempo il suo ambito di dominio, tanto da risultare ancora valido al giorno d’oggi. Un’opera artistica viene percepita come tale se è simile all’originale. Dunque gli Impressionisti vanno bene (e non a caso hanno un enorme successo) e, al limite, Van Gogh o Munch (anche se i colori non sono proprio quelli reali...). Ma il distacco tra l’arte contemporanea e tutti coloro che non si occupano di arte è sempre più grande (p. 17).
L’idea di fondo per questa sequenza sembra ruotare intorno a una tematica espressionista, che parte da Van Gogh e giunge a Francis Bacon, passando per momenti particolari come il Dadaismo di Marcel Duchamp, il Surrealismo di René Magritte e la Pop Art di Andy Warhol. Come si può intuire durante la lettura, le scelte dell’autore si basano anche, e a volte soprattutto, sulla possibilità che un artista sia stato analizzato da un filosofo, ed ecco allora nascere le coppie Heidegger Van Gogh, Merleau-Ponty Cézanne, Benjamin Warhol, Magritte Foucault. L’idea è stimolante e, anche se non apre discorsi nuovi, permette di cogliere nella storia della pittura del Novecento una linea possibile di evoluzione, esemplificata dal grido che esce dalle opere.
Crisafulli aggiunge a questi gemellaggi alcune note, effettivamente brevi, legate al cinema di Hitchcock, di Ridley Scott, di Wim Wenders e di Bernardo Bertolucci. Si oltrepassa lo spazio della nota solo per Ultimo Tango a Parigi, la cui genesi è posta in uno stretto parallelismo – voluto da Bertolucci stesso – con i quadri di Francis Bacon. Una possibile evoluzione dei contenuti di questo libro potrebbe materializzarsi in uno studio a rovescio, che partisse dalla produzione cinematografica per analizzare la pittura e la filosofia ad essa collegate, garantendo comunque la presenza del massimo esponente artistico del Novecento in assoluto, cioè – mi sia scusata l’opinione personale – il regista Stanley Kubrick.
In appendice al saggio sono anche pubblicate poche pagine di commento dell’autore alle ultime Biennali di Venezia; infatti, come annunciato sin dalle prime pagine, un’intenzione del libro è di dare fiducia all’arte contemporanea e cercare di capirne le finalità. Crisafulli appare perplesso davanti al fenomeno ambiguo del grande successo di mostre come la Biennale di Venezia e della scarsa comprensione, viceversa, che il pubblico dimostra verso quella stessa arte contemporanea. La conclusione potrebbe essere che la mostra di stravaganze e diavolerie è vista come un luna park non da capire ma da vedere, sulla base del fatto che viviamo
in un’epoca in cui non c’è più meraviglia, in cui tutto è ovvio e banale. Sia la filosofia, che l’arte ci possono mostrare un nuovo modo di guardare il mondo e le cose (p. 14).
Ora, nelle cose scritte da Crisafulli si può rintracciare una serie di elementi dialettici che tendono a bilanciarsi; da un lato c’è rispetto per i pittori del Novecento e c’è la conferma che la filosofia e l’arte hanno avuto – come in passato – spazi comuni; dall’altro lato tuttavia si notano varie lacune, probabilmente legate alla ricerca di testimonianze filosofiche valide o – forse – di facile divulgazione.
A proposito delle lacune del libro, non c’è dubbio che chiunque conosca la pittura novecentesca noterà l’assenza di Picasso, che probabilmente non è un artista che “grida” secondo Crisafulli; eppure, se da un lato il Cubismo – come il Futurismo – fu un’arte razionale e poco emotiva, il Picasso di Guernica non appartiene certo a categorie silenziose. L’altro assente clamoroso è l’astrattismo, che poteva benissimo trovare in Vasilj Kandinsky e in Jackson Pollock (per non dire di Fontana e Burri) due urlatori di primissimo livello, sicuramente molto più calzanti in questa metafora del metodico Cézanne analizzato dal punto di vista di Merleau-Ponty.
Ma i meriti del testo oltrepassano le inevitabili mancanze. In ambito divulgativo, la lucidità della scrittura di Crisafulli è lodevole e riesce a rendere chiari aspetti fondamentali rivelatori dell’arte moderna. Alcuni spunti descrittivi sono fortemente evocativi, come quando introduce Van Gogh:
Un’opera di Van Gogh è assieme rabbia e voglia di vivere. Rabbia per gli emarginati e per i poveri, come i minatori del Borinage, che vivevano una vita d’inferno. Ma, allo stesso tempo e nonostante tutto, vitalità allo stato puro. I suoi quadri sono un inno alla potenza della Natura, nel bene e nel male (p. 15).
E sono, infine, i contenuti del saggio a conferirgli rilievo. Si può davvero condividere l’intuizione che sia stato l’Espressionismo – qui simbolicamente richiamato dalla metafora del grido – la chiave di decrittazione per l’arte del XX secolo; ce lo confermano la musica, la poesia e la letteratura. Il passo successivo dovrebbe essere allora di ampliare questo termine, così carico di emotività, in una dimensione onnicomprensiva, proprio come storicamente si inglobano nel termine Rinascimento le forme pittoriche diversissime di Botticelli e di Piero. Anche l’armonia di Mondrian e il silenzio di Malevic sono carichi di forza espressiva, e i grandi maestri viventi – come Gerhard Richter, Cindy Sherman, Damien Hirst, Matthew Barney, Anish Kapoor, e persino Olafur Eliasson – sono in grado di colpire al cuore lo spettatore in un solo istante.
L’intento didattico di Crisafulli si manifesta bene nelle analisi artistico-filosofiche contenute nel saggio: Van Gogh, Cézanne, Warhol, Magritte, Bacon e in coda Munch. Non si tratta di ritratti degli artisti, ma di letture guidate alle loro scelte; interviene qui il Crisafulli filosofo, che cerca di collegare le discipline dimostrando come l’opera di un pittore possa toccare argomenti nevralgici anche della storia del pensiero. È il caso emblematico della pipa di Magritte, la paradossale affermazione che nega se stessa e si iscrive direttamente sul quadro, “questo non è una pipa”. Il noto intervento di Foucaul sul tema, con un saggio che si intitola appunto “Ceci n’est pas une pipe” serve a Crisafulli per entrare nel mondo delle contraddizioni svelato da Magritte e sistematicamente rinforzato dagli artisti contemporanei.
Anche l’analisi di Francis Bacon è stimolante. Nonostante sia trascurato il rapporto tra il grande pittore irlandese e la fotografia, che gli fu maestra, il percorso che da Cézanne e Munch arriva alle terribili deformazioni delle sue figure rinchiuse in spazi circolari è ben descritto. La figura di Bacon in effetti rivaleggia con Munch nel merito degli urli rabbiosi che contraddistinguono certamente un secolo di pittura aggressiva, dura, rabbiosa, ma anche di riflessioni artistiche malinconiche, pervase da sentimenti di crisi nascosti nelle apparenze banali della vita.
Indice
1. Introduzione. Un grido dipinto su tela
2. Alla riscoperta dell’ovvio
3. In principio era la luce
4. Perché gli impressionisti sono benvisti
5. Heidegger e le scarpe di Van Gogh
6. Merleau-Ponty, Cézanne e l’enigma delle cose
7. Essere o non essere (figurativi)?
8. Hitchcock e il bicchiere di latte
9. Dalla poetica del rifiuto alla reificazione dell’umano
10. La Pop Art e l'elegia dell’oggetto quotidiano
11. Benjamin, Warhol e la perdita dell'aura
12. Uno sguardo nuovo a Lisbona
13. Foucault, Magritte e i due misteri
14. La pipa non c’è più
15. Freud, il Surrealismo e le immagini del sogno
16. Nexus 6
17. Bacon: corpo, figura, grido
18. La carne e il respiro
19. L’uomo che urla: Munch
20. La gioiosa evasione
21. Il grido di Marlon Brando
22. La funzione dell’arte
23. Žižek e il fascino indiscreto del trash
24. Perniola e l’arte criptica
25. Coltivare il paradosso
26. Totò e le nuvole
Appendice
Vagabondaggi ed esplorazioni nell’arte contemporanea
Fare mondi alla biennale 2009
Tempo di biennale 2011: illuminazioni