Giulio de Martino, La mente virtuale

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Giulio de Martino

La mente virtuale

 

 

 

Roma, Iacobelli editore, 2015, pp. 123
ISBN 9788862522670, €.8,00

 

 

 

 

 

Uno dei punti di forza del saggio di Giulio de Martino, La mente virtuale, (Iacobelli editore, Roma 2015), è lo stile incalzante, veloce, febbrile che scompone e ricompone le molteplici sequenze argomentative che convergono nella denuncia appassionata dell'ultima rivoluzione dei media elettronici cioè la tecnologia digitale. Da tempo, l'ipertestualità, l'ipermedialità, le elevate velocità, i giochi di identità, il superamento dei vincoli spazio-temporali, l'accesso alle relazioni multiple, le emozioni imprevedibili hanno invaso le nostre vite e modificato radicalmente le strutture della comunicazione, gli stili di comportamento, i ritmi di apprendimento.

L'Autore dichiara esplicitamente nelle prime pagine di "non prendere le distanze dal presente. Al contrario, è quello di entrarvi più a fondo" e lo fa rileggendo in maniera suggestiva e provocatoria una fiaba dei fratelli Grimm, Il pifferaio di Hamelin, che racconta di un personaggio misterioso con un piffero di legno che in Bassa Sassonia liberò un villaggio dai topi che la infestavano e non avendo ricevuto la giusta ricompensa dal borgomastro, attirò dietro di sé tutti i bambini conducendoli in una caverna da cui non sarebbero mai più usciti.
Da tre decenni Hamelin è ovunque, "un paese senza futuro perché i suoi bambini sono spariti, rapiti altrove" (p.15), Hamelin è il monitor che ha occupato i luoghi sorgivi della sfera sociale e della sfera psichica, ossia un'immensa caverna che inghiotte e divora vite, lavoro critico, intelligenze, emozioni. "Il monitor incarna un tutto-pieno, una totalità compiuta, in cui vi è disponibilità illimitata di immagini e contenuti appaganti"(p.15). La rivoluzione del virtuale incanta e seduce come il leggendario pifferaio di Hamelin: virtuale è quella lingua e quell'immagine che hanno dato vita alla nuova Hamelin, in immenso e sconfinato labirinto, un abisso, una rete includente i soggetti stessi. L'Autore fa interagire diversi paradigmi provenienti dalle scienze sociali, dalla filosofia, dall'antropologia, dalla psicoanalisi per dimostrare la pervasività delle nuove tecnologie con grave danno ai processi di crescita e di formazione soprattutto delle nuove generazioni.
La rivoluzione digitale e la virtualizzazione della realtà esaltano e plasmano la mente umana che "si dispone come un dispositivo di ascolto di contenuti preformati: sia di domande che di risposte"(p.37). Con il digitale l'immagine è diventata un linguaggio. E' questa la rottura fondamentale in rapporto con le tecniche del passato perchè l'immagine digitale è scrittura. Classicamente, i rapporti tra l'immagine e il linguaggio, l'immagine e il modello, l'immagine e il luogo e infine tra l'immagine e la rappresentazione, sono stati sempre caratterizzati dalla distanza. Ora invece, nel quadro del virtuale, il modello è altrettanto virtuale dell'immagine generata per mezzo di quel modello. Dunque sul piano ontologico l'immagine virtuale, così come il modello che le dà origine, sono costituiti della stessa sostanza immateriale. Di fatto c'è una specie di con-fusione intrinseca, di ibridazione del livello dell'immagine con il livello del modello: il virtuale e il reale tendono a sovrapporsi. Sono novità sconvolgenti che modificano i nostri apparati percettivi e il nostro approccio alla realtà.
Il fenomeno è inarrestabile, mancano forse linee guida, soglie critiche per evitare che i nativi digitali si lascino completamente dominare dal mondo tecno-liquido coi suoi display, i suoi monitor, i suoi simulacri. Per Giulio de Martino non vi sono, però, vie di mezzo e/o spazi di mediazione possibile. "Il WEB è divenuto un leviatano in cui le menti, più che convergere, si sottomettono[...] Il leviatano postmoderno ha l'horror silentii e non è facile costringerlo a tacere e ad ascoltare (pp.88-89). Ogni distinzione tra cultura elitaria e cultura di massa si è dissolta, i libri scompaiono a dispetto del dilagare degli audiolibri mentre fa la sua comparsa "l'ignoranza postmoderna: frutto del lavoro di nuova élite di operatori massmediali nei nuovi canali dell'informazione e dello spettacolo" (p. 89). Qui risiede il punto vero di debolezza di questo pamphlet intrigante, coraggioso e ben scritto che mima adornianamente le meditazioni della mente offesa. L'ignoranza postmoderna (che in altri tempi Franco Fortini chiamava il surrealismo di massa) non riguarda forse la sparizione di lettori che è il dato statistico davvero inquietante almeno nel nostro paese? Se non si legge più o si legge poco o male non è certo colpa delle tecnologie digitali: il fatto è che stanno scomparendo le classi colte di lettori a dispetto di una produzione letteraria e saggistica sempre più scadente e povera di qualità mentre il mercato editoriale sforna libri in quantità industriale che nessuno legge.
Davvero si crede che un’epoca talmente dominata da immagini le parole scritte abbiano perso la propria forza e i lettori siano diventati una specie in via di estinzione? Non credo ci sia tra i due fenomeni un relazione di causa ed effetto. In Italia mancano politiche culturali adeguate, si tolgono fondi alla cultura, non si investe. A nessuno interessa che si vendano o non vendano libri, che la gente legga o meno. Dove sono gli scrittori e gli intellettuali che abbiano il coraggio di aprire un dibattito culturale e civile, di promuovere un sapere critico e insidiare dogmi culturali vigenti? L'effetto destabilizzante dei nuovi media è fuori discussione ma è pur vero che essi, più che danneggiare i libri, ci offrono visioni prospettiche capaci di liberarci dal principio di autorità e di verità. L’intera costellazione della virtualità, che è un dispositivo concettuale ancor prima che tecnologico, può essere interpretata, in altri termini, all’insegna della nozione di punto di vista (come oggetto di un’ardita pluralità di manipolazioni di dislocazioni) come l’insieme delle proposizioni dello sguardo o dei movimenti dell’occhio. Non è lo spazio di una recensione per parlare a fondo della questione ma credo che il saggio di Giulio de Martino possa essere, per effetto di contrasto, un valido strumento per cominciare.