AZIONI PARALLELE 
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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
Gabriella Baptist,
Giuseppe D'Acunto,
Aldo Meccariello
e Andrea Bonavoglia.
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 I NOSTRI 
AUTORI

Mounier
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Modern/Postmodern
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Solitudine/Moltitudine
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La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
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Filosofia islamica a scuola

 

In una società in continuo divenire, in cui la concezione della fissità del sapere racchiude in sé una accezione non propriamente positiva, il bagaglio culturale di un Paese o di una macroregione è continuamente trasformato dalla contingenza storica del presente. Le attività intellettuali dell’uomo in ambito umanistico non possono condurre a verità assolute. L’essere umano è finito e finite sono le sue riflessioni, giammai infallibili: il che implica un divenire continuo di idee relative, senza che, però, vengano date risposte definitive a problemi, appunto, umani. Trascurare questa premessa che pure appare scontata introduce il rischio di smettere di ragionare, di cadere nel banale, nel già detto, di privarsi della curiosità e, quindi, di imparare.

Nel mondo scolastico italiano è innegabile che un notevole spazio venga dato al nostro passato storico e filosofico. La storia è, ovviamente, la “materia” che consente di espandere i propri orizzonti oltre i convenzionali confini culturali e geografici. Il percorso filosofico ministeriale prevede lo studio di correnti di pensiero e di pensatori stranieri con focus su personalità italiane. Si tratta, ovviamente, di una scelta dettata dalla necessità di far conoscere i grandi sistemi di pensiero in ambito soprattutto europeo, per creare un filo rosso e una sorta di climax che illustri diverse direttrici filosofiche elaborate nel corso dei secoli. Naturalmente al docente è riconosciuta una certa autonomia didattica per decidere di approfondire un determinato argomento. Purtroppo, il tempo a disposizione per questi approfondimenti alternativi è spesso centellinato e i programmi di studio presentano una certa resistenza alla storia contemporanea. Se gli studenti e i docenti sono giustamente considerati come i fruitori della formazione sociale e culturale, e tali, quindi, da essere dotati di una propria coscienza in grado di discernere su questioni primarie, allora è necessario dare loro la possibilità di realizzare questo processo di crescita.

L’Università risponde a uno scopo diverso: forma per il mondo del lavoro, inserendo gli studenti in canali specialistici, fornendo conoscenze adeguate ai loro percorsi futuri. Ciò non toglie che il mondo universitario e quello scolastico non possano trovare un punto di accordo, laddove la specificità di un singolo insegnamento e la giovane età degli alunni possano creare una sinergia volta a formare più delle coscienze attive che delle mere conoscenze libresche. Occorre la capacità di guardare al mondo circostante e alle sue problematiche con occhio critico, pratico e competente. Quindi, in una realtà all’interno della quale le opinioni e le informazioni in circolo sono, spesso, molto estese e dense, è necessario fornire delle linee di giudizio che permettano di non cadere nel vortice della sistematica ignoranza collettiva, fonte di gratuità e inumana violenza.

Bisognerebbe affrontare quegli argomenti che possano essere considerati parte integrante dei piani di studio e che permettano l’analisi di problemi quotidiani, eliminando lo iato tra quanto studiato e la vita vissuta; creare quindi corsi per docenti e studenti, intensivi e di breve durata per incentivare la curiosità del singolo sia verso il mondo dell’informazione sia nei confronti di uno specifico ambito di studi.

Le basi di un progetto innovativo sono state gettate durante le ore ordinarie di lezione di Filosofia e Storia (secondo quadrimestre dell’anno scolastico 2015-2016) nel prestigioso Liceo scientifico statale “L.B. Alberti” di Napoli con lo scopo di introdurre nella formazione scolastica lo studio di un mondo e di una cultura islamica di cui si sente spesso parlare senza consapevolezza critica, unicamente in relazione a eventi drammatici. Decenni e decenni di eurocentrismo, gravati da una forte tendenza coloniale occidentale, hanno snaturato l’Islam, considerato ormai come un unico blocco monolitico, privo di sfaccettature e, sotto molti aspetti, barbaro. Il secolare processo di nascita e crescita proprio di ogni cultura non è mai preso in considerazione: a seconda dei periodi storici, il popolo musulmano è osservato o con la distaccata fascinazione che avverte il diverso da sé o con il timore suscitato dall’uso della violenza. L’approfondimento dei dati culturali è, invece, necessario per l’analisi di dinamiche storiche che sembrano lontane e di cui noi in apparenza saremmo semplici spettatori, come la guerra siriana, la nascita di cellule terroristiche o il fenomeno dei migranti, termine a mio avviso inappropriato che denota, ancora, stupore e impotenza. Dopo aver introdotto gli elementi fondamentali della religione islamica, collocandola in un preciso contesto storico e geografico, individuandone anche la ragion d’essere, la “classe” è passata immediatamente allo studio1 di alcuni dei più importanti pensatori musulmani – al-Fārābī, al-Kindī, al-Ghazālī –, abbracciando correnti ed epoche diverse fra loro. Una introduzione generale è stata necessaria per riferirsi a una civiltà cui era necessario restituire identità.

Difatti, il punto focale del progetto è l’approfondimento del pensiero islamico con aperture verso ambiti di carattere storico, etnografico e culturale. Il mondo mediorientale delle origini, quindi dal 622 d.C., anno dell’egira di Maometto, ha vissuto un travagliato percorso di crescita, parallelamente a una rapida e assai significativa espansione geografica, seguendo modalità quanto mai distanti dall’ottica occidentale. In Europa il complesso processo di formazione di identità nazionali e la difficoltà di trovare un unico comune denominatore a tradizioni e traduzioni di cultura rende ardua la possibilità di comprendere quanto alla base dell’Islam tutto, invece, presenti un solido sostrato comune che oltrepassa i confini territoriali.

Gli arabi musulmani di Occidente e di Oriente, immediatamente dopo la morte del Profeta, hanno iniziato a creare un vero e proprio “sistema” comprendente più ambiti, tutti strettamente legati tra loro: grammatica, giurisprudenza, speculazione religiosa, filosofia. Fondamentale è il dato religioso come elemento aggregante, ovvero la nascita dei saperi come speculazione sulla parola di Allah: questa osservazione preliminare è necessaria per sottolineare come il mondo islamico alle origini non presenti alcun contrassegno di laicità. Conseguentemente, anche l’antropocentrismo di stampo europeo e la scissione tra potere temporale e spirituale, che tanto hanno contribuito agli indirizzi politico-culturali dell’Occidente, sono categorie non applicabili al mondo musulmano. La nascita del pensiero islamico va collocata in un contesto di profonda osmosi tra il mondo arabo e realtà più antiche quali quella greca e l’iranica. Le esigenze cui dovevano rispondere i pensatori musulmani erano strettamente connesse al problema religioso e al ruolo dell’uomo, politico e no, in relazione al monoteismo islamico e, nello stesso tempo, influenzate dal rapporto con altri sistemi speculativi di altre culture che già avevano condotto a uno stadio avanzato l’indagine sull’uomo e sul mondo. Nello specifico, è interessante lo studio dell’acquisizione ex novo di forme dialettiche, utili all’elaborazione filosofica e del loro riadattamento in contesto islamico. Il secolare processo di traduzione di opere straniere, patrocinato dai califfi abbàsidi2 regnanti anche in territori appartenuti ai bizantini, rappresenta un momento fondamentale nell’esperienza religiosa. Scoprire la stretta connessione tra culture diverse e allo stesso tempo uno sfasamento temporale di tale portata tra l’area mediterranea e quella mediorientale è certamente fonte di stupore, accresciuto dalle diverse sfaccettature che la speculazione sulla realtà islamica reca con sé.

L’elemento di maggiore fascinazione è, però, il forte legame con la realtà, contrariamente a quanto si potrebbe pensare: l’elemento religioso è anzi un incentivo per un tipo di riflessione in stretta connessione con la sfera politica e la vita terrena. Il rapporto tra la fede e le opere dell’uomo, il libero arbitrio e la condizione del musulmano peccatore sono temi strettamente legati alla contingenza e al potere propriamente detto. Il ruolo del califfo, vicario di Maometto alla guida della umma, la comunità musulmana e i limiti entro cui può governare hanno certamente influenzato la condotta politica delle diverse dinastie arabe, spingendo i pensatori a interrogarsi sul proprio ruolo sociale. Islam è tradotto dagli esperti con “abbandono fiducioso volontario”, definizione di per sé spiazzante nella misura in cui esprime un concetto profondamente spirituale, all’interno del quale però la subordinazione totale alla divinità è solo apparente. L’individuo gode di una propria dignità e di libertà, le azioni vengono, poi, rimesse al giudizio divino post mortem. Potrebbe sembrare una dimensione “totalizzante” all’interno della quale l’uomo non trova un posto per sé e la sua esistenza, ma numerose sono state le correnti spirituali, quasi mistiche, con le quali la dimensione individuale è diventata il fulcro della speculazione. L’analisi puntuale di questi numerosi aspetti del pensiero islamico, inseriti all’interno di una contestualizzazione storica ben precisa, ha permesso di avviare un discorso particolarmente approfondito che potrebbe trovare continuità nei prossimi anni scolastici, consentendo una maggiore comprensione della contemporaneità musulmana.

Terminato il ciclo di lezioni che hanno spaziato dalla Spagna musulmana alla Persia, ricoprendo un arco temporale che va dall’VIII al XII secolo d.C., è stato richiesto un intervento a una specialista universitaria sul tema, Antonella Straface3, al fine di arricchire le conoscenze acquisite e creare momenti di dialogo e di verifica. La risposta dei giovani allievi è stata molto positiva, non solo durante le ore curriculari, ma soprattutto in questi ultimi incontri: le due ore a disposizione sono state caratterizzate da un vortice di domande e di riflessioni. A ciò non ha mancato di corrispondere la disponibilità della docente a intraprendere un percorso triennale che permetta di divulgare questo ambito di temi di sua competenza nell’anno scolastico 2016/2017 con la ribadita finalità di sensibilizzare giovani adolescenti su tematiche quanto mai attuali. È indubbio che questi percorsi alternativi possano e debbano estendersi ad altri ambiti di studio, senza essere necessariamente vincolati alla contingenza di una notizia o di un accadimento specifici; non sono la novità o l’immediatezza di un evento a renderlo appetibile, quanto il suo inserimento all’interno di un contesto storico-culturale più ampio e analizzabile.

C’è da augurarsi che tali iniziative siano incentivate nella scuola pubblica italiana, magari anche con modalità diverse, coinvolgendo un numero ancor più ampio di studenti, affinché l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche si apra all’attualità e alla comprensione dei fenomeni che essa propone.

 

Note

1 Il manuale adoperato è stato quello di H. Corbin, Storia della filosofia islamica, Milano, Adelphi, 2007³.

2 La dinastia abbàside governò dal 750 al 1258 d.C. e fu promotrice di una intensa attività di traduzione dal greco delle opere, ad esempio, di Platone, Aristotele, Tolomeo, Euclide, Archimede, Eratostene.

3 Ricercatrice di Storia della Filosofia islamica e Islamistica presso l’Università degli studi di Napoli l’Orientale.