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NUMERO  7 - 2020
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Il Mediterraneo islamo-cristiano di Paolo Dall’Oglio

 

Paolo Dall'Oglio

1. Vocazione mediterranea

La globalizzazione è, in grande, ciò che da sempre è avvenuto nella regione mediterranea: scambi continui di persone, confronti e scontri culturali, dialoghi e lotte religiose, assenza di confini netti, traffici economici, e l’affermazione “il mondo è nostro”, Mare Nostrum. Di chi è il Mediterraneo dunque? La domanda non ha una facile risposta, qualora ne preveda una. Il paradigma ellenistico può essere letto come esemplificativo dell’anima del Mediterraneo, un ininterrotto import-export inteso come esportazione della propria cultura e importazione delle altre. Tutto ciò è da sempre avvenuto fra le due sponde del Mediterraneo, sebbene l’irrigidimento identitario comune a epoche diverse abbia sovente inasprito ed esacerbato le relazioni intra-mediterranee.

Il sincretismo ellenista, quel miscuglio di pantheon greco-egizio-persiani, si ripete costantemente fra le rive opposte del mare, ma oggi non ha più come riferimenti né Mithra né Dioniso né tantomeno culti misterici e divinità ignote. Oggi i poli spirituali che si guardano e si studiano vicendevolmente sono due, il Cristianesimo e l’Islam – una storia antica quanto l’Antico Testamento, una storia di fratelli, Isacco e Ismaele, aventi lo stesso padre, Abramo, ma diverse madri, l’uno Sara e l’altro Agar. «Le reali vicende di questo Ismaele e dei suoi figli rimangono oscure nella storia del secondo e primo millennio avanti Cristo, ma è chiaro che il riferimento biblico va ad alcune tribù beduine abitanti intorno alla penisola araba. Da tali tribù doveva nascere molti secoli dopo Maometto»1, ha ricordato il cardinale Carlo Maria Martini. Il Cristianesimo e l’Islam sono imparentati, sono addirittura fratelli, ma spesso ci si dimentica di questo profondo legame che dovrebbe rinnovare una solidarietà, per l’appunto, fraterna.

Padre Paolo Dall’Oglio ha ben chiara questa visione. Il rapporto con l’Islam è diventato così tanto importante per la sua esperienza da divenire il cuore di tutta la sua vita. Dall’Oglio, nato a Roma nel 1954, è un gesuita che ha rifondato negli anni Ottanta il monastero di San Mosè l’Abissino (Dei Mar Musa el-Habashi) nel deserto siriano, luogo abbandonato da tempo (l’ultimo monaco lasciò il monastero prima del 1831) e divenuto celebre proprio grazie alla comunità monastica resuscitata da padre Paolo. Il 29 luglio del 2013, tuttavia, Dall’Oglio è stato rapito in Siria da un gruppo di jihadisti vicini all’Isis, e da allora non se ne hanno più notizie.

Tutta la sua vita può essere descritta con una locuzione coniata da sua sorella Immacolata Dall’Oglio: essere-ponte2, o anche andare-verso, e questo andare è primariamente una discesa al mare, come illustra puntualmente lo stesso Paolo ricordando un evento risalente alla sua fanciullezza: 

Da piccolo […] scendevo in spiaggia all’inizio delle vacanze di Pasqua insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle. […] Era una discesa imperiale, come guerrieri a cavallo, e il mare, ancora nascosto, ci gettava già il suo odore nelle narici. […] Qui c’era già la storia di tutta la mia vita: scendere fino al mare, percepire il suo gusto, senza toccarlo. Il mare è come la pienezza, ci entrerò… Ne sento l’odore, arriva fino a me. È proprio grazie a questo odore che l’infinito mi attrae. L’immagine della discesa al mare è per me una parabola, l’annuncio di una vita che io vivo oggi. La purezza della mia discesa alla spiaggia è intatta, il mio desiderio di arrivare correndo fino al mare si rinnova incessantemente3.

 

Il mare diventa cifra del suo amore per l’infinito, per Dio. D’altra parte l’impronta mediterranea che inevitabilmente ogni mediterraneo si porta con sé non poteva non manifestarsi in una qualche maniera. E così questa “discesa al mare” è stata vieppiù approfondita nella sua vita, fungendo da sfondo invisibile ancorché presente, tanto da sfociare e divenire ciò che lo stesso Dall’Oglio ha definito una «vocazione foucauldiana»4. Il riferimento è a Charles De Foucauld (1858-1916), religioso francese che ha riscoperto il cristianesimo in seguito a un viaggio in Algeria e all’incontro con l’Islam (celebre è la sua espressione: «A volte volevo intercalare dei passaggi del Corano nelle mie preghiere. Ma la grazia divina e i consigli del mio confessore hanno dissipato queste nubi»5). Anche in questo caso, dunque, siamo al cospetto di un personaggio che ha eletto il Mediterraneo come luogo privilegiato della propria vocazione spirituale, in costante dialettica con la religione islamica, rinnovando e replicando quegli scambi perenni, visibili e invisibili, che vivificano da sempre la regione.

  

2. Islam e sincretismo: elogio del confine

Padre Paolo Dall’Oglio ha sempre avvertito l’urgenza di dialogare con i musulmani per annunciare loro la Buona Novella. La sua vocazione è stata segnata dall’arduo quanto improrogabile proposito di «salvare i musulmani». Ma, si è chiesto con crescente angoscia, «come comunicare con l’Islam senza cadere in un ingenuo sincretismo?»6. La Chiesa ha sempre diffidato del sincretismo per paura di inquinare l’ortodossia con l'accoglienza di credenze e pensieri estranei al deposito di fede consegnato da Gesù a Pietro. Padre Paolo, tuttavia, ha chiaro che «non esiste questa cultura originale, pura, che nessun elemento esterno ha fertilizzato o inquinato. […] La cultura umana è sincretica per natura»7 e, analogamente, «il pensiero cristiano è sempre sintetico, anche quando si articola in una consapevolezza di contrapposizione al mondo pagano»8. Piuttosto, la paura del sincretismo, che non è affatto una prerogativa tutta cristiana, «corrisponde all’istinto di autoconservazione identitaria»9, nocivo per la vitalità di una civiltà e per le relazioni fra civiltà diverse. Sarebbe quindi opportuno distinguere un sincretismo positivo e altresì inevitabile da un sincretismo negativo o ingenuo (in altri termini, New Age), quest’ultimo essendo un prodotto da supermercato spirituale, deleterio per la ricchezza delle tradizioni spirituali autentiche e «sinonimo di fragilità e di superficialità identitaria»10. Il Mediterraneo presta il fianco periodicamente all’uno e all’altro sincretismo, esposto com’è, da una parte, a dar vita a scomposte miscellanee di spiritualità eterogenee (sincretismo negativo) e, dall’altra parte, ad alimentare un dialogo fecondo e, come direbbe Daryush Shayegan, «di natura metastorica»11, profondo, reale e sincero, ove operi lo Spirito di Dio (sincretismo positivo). La chiusura identitaria è, all'opposto, sintomo di una mancanza di fiducia nei confronti della Provvidenza: se i discorsi sul dialogo fanno così paura ai cosiddetti tradizionalisti, il motivo è da ritrovarsi in una profonda e radicata insicurezza, «quella che Dio ci abbandoni, che non ci sia fedele. Ecco perché cerchiamo di fare meglio di lui, proteggiamo le nostre identità, i nostri particolarismi, ci attacchiamo a quello che sappiamo»12.

Ad ogni modo, sostiene padre Paolo, «non esiste un ponte capace di mettere in contatto due culture senza che esso appartenga, in un modo o nell’altro, alle due culture che unisce»13. Ecco quindi il suo stesso essere-ponte nella definizione da lui coniata, quella della sua dichiarata duplice appartenenza islamo-cristiana14. Una definizione senz’altro scandalosa, certo, ma non priva di una verità vissuta: «Io sono musulmano a causa dell’amore di Gesù per i musulmani e per l’Islam. Musulmano secondo lo spirito e non secondo la lettera»15, ha dichiarato Dall’Oglio, spesso interrogato sul significato non sempre chiaro di una simile espressione.

Padre Paolo diventa quindi ponte fra le due sponde del Mediterraneo, lui stesso infrastruttura e veicolo, nodo e snodo di due mondi solo apparentemente eterogenei ma profondamente uniti da quel legame di fratellanza che non è possibile cancellare16.

Di fatto, così, il Mediterraneo assume i caratteri di un confine dove mettere alla prova e approfondire la Verità: «La problematica dell’inculturazione [“l’incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone”17] è veramente costitutiva dell’autocomprensione cristiana. Dall’apertura ai pagani testimoniata dagli Atti degli apostoli fino a oggi, la Chiesa ha sempre approfondito e approfondisce la conoscenza del suo Mistero nelle regioni più lontane e non senza conflitti»18. Il Mediterraneo diventa il confine, il limes, dove la contaminazione culturale e religiosa è portata all’estremo, permettendo alla Chiesa di sperimentare, comprovare e rinvigorire, talvolta azzardando, il Mistero di cui è depositaria, cimentandosi in una costante opera di testimonianza polimorfa e sempre ardita. La vitalità perenne dell’area mediterranea è, quindi, occasione per un approfondimento sempre nuovo e sempre imprevedibile della fede cristiana, il quale permette, infine, di far emergere aspetti ogni volta sconosciuti e inaspettati di un Mistero che di continuo supera la comprensione che l’uomo ne può avere. L’elogio del sincretismo19, di cui Dall’Oglio si è fatto promotore, rappresenta la possibilità perennemente percorribile di un simile progetto, nonché l’occasione di «scoprire l’attività dello Spirito nelle altre tradizioni», al punto da poter dire che «la luce avanza in ognuna delle numerose tradizioni della religione umana»20.

  

3. Solidarietà mediterranea e progetto comune

La Siria, culla della sua vocazione mediterranea, è diventata una vera e propria seconda patria per Paolo Dall’Oglio. Le guerre e le violenze che fin da prima del 2011 hanno scosso il paese sono sempre state denunciate da padre Paolo, ogni volta pronto a condannare con dure parole il presidente Bashar al-Assad e i gruppi fondamentalisti sunniti. Ma la spirale di violenza non si è ancora fermata, e la drammatica situazione del paese è ben lungi dal trovare una risoluzione. E purtuttavia, scrive Paolo, la Siria è «essenziale alla civiltà mediterranea»21. I conflitti che devastano la Siria «simboleggiano la sfida più cogente dell’attuale mondo globalizzato, ossia l’accettazione e la gestione della diversità»22. Di conseguenza, la Siria ha un valore esemplare per la situazione dell’intero Mediterraneo, incarnando la tragica condizione di una cattiva gestione dell’attributo costitutivo della regione, quello della convivenza fra identità multiple.

Conscio di una così delicata situazione, padre Paolo ha fatto appello a tutti i popoli che si affacciano sul mare al fine di una rivitalizzazione della «solidarietà mediterranea»23 tipica di quel «canale di spiritualità e di civiltà che costituisce la valle mediterranea»24. Una solidarietà, quella evocata da Dall’Oglio, che ha come esempio più rappresentativo l’incontro storico fra Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto Malik al-Kāmil nel 1219 durante la quinta crociata, quando il Sultano, ascoltate le parole del santo, lo congedò cordialmente dicendogli: «Prega per me, perché Dio si degni di rivelarmi quale legge e fede gli è più gradita»25. Una solidarietà sempre possibile, dunque, e che rappresenta una opportunità ogni volta nuova.

«Sul Mediterraneo […] siamo solidali. Quindi se va male al sud va peggio al nord»26, avverte con lucidità Dall’Oglio. E ancora: «Ci dobbiamo porre sulle due rive del Mediterraneo […] e ci dobbiamo chiedere come portare assieme un progetto mediterraneo comune»27. Questa sollecitazione è ancora urgente e opportuna. Ma per mettere in atto un siffatto progetto bisogna rigettare quell’istinto di autoconservazione identitaria più volte denunciato da Dall’Oglio. Da una parte, ritiene padre Paolo, «bisognerebbe moderare la reazione di autodifesa delle società musulmane»28 che sovente provoca condotte violente; dall’altra parte, occorrerebbe ridurre quella falsa percezione profondamente islamofoba di essere sotto attacco da parte della cultura islamica che, a detta di un simile pensiero, si appresterebbe a modificare radicalmente, o addirittura a sostituire, la decadente cultura occidentale29. «Io penso – sostiene invece padre Paolo – che vada criticata teoricamente questa idea di appartenenze identitarie e comunitarie univoche, e che vada [piuttosto] portata all’idea dinamica delle identità dialogali non conflittuali»30.

La soluzione va trovata nel cuore stesso del Mediterraneo, in quell’anima arlecchina che vivifica le due sponde e che ha da sempre definito e modellato in egual misura l’identità dell’Europa e quella del mondo islamico. Padre Paolo invoca così un modello di corresponsabilità comune alternativo al disastro attutale, alla cui elaborazione teorica devono prendere parte entrambe le religioni, quella cristiana e quella islamica. Tale progetto deve essere animato da «un nuovo profetismo, un profetismo in dialogo, interreligioso, in una esperienza sempre nuova dell’azione dello Spirito di Dio, nello spazio sacro dell’incontro, della nostra reciproca ospitalità»31.

Il dialogo interreligioso (o sarebbe meglio dire dialogo religioso, come Paolo preferisce chiamarlo, per superare l’idea di un dialogo fra religioni e per valorizzare, invece, il dialogo anteriore e originario fra persone religiose) non evoca però solo una utopistica e illusoria pace. Padre Paolo è anche un uomo di mondo, e sostiene per la sua Siria un chiaro programma politico basato su «un sistema bicamerale con un presidente arbitro, garante dei diritti delle minoranze e delle realtà umane marginalizzate, eletto con i due terzi dei senatori e deputati»32. Un sistema, quello proposto da Dall’Oglio, che si candida ad essere un modello adatto per l’intera regione mediterranea laddove le identità plurali che la contraddistinguono non vengono rispettate – e che funge da idea regolatrice anche per quei paesi europei che, sotto il pretesto di essere laici, adottando politiche laiciste e censorie nei confronti delle minoranze. Da nessuna parte e in nessun luogo bagnato dal Mediterraneo, quindi, alcun accordo «sarà possibile senza rinunciare a voler umiliare l’entità culturale, religiosa e nazionale altrui»33.

Il Mediterraneo non può essere cristallizzato in opposte identità conchiuse e statiche; il Mediterraneo chiede di vivere apertamente il polimorfismo e l’eterogeneità che lo contraddistingue, dando costantemente vita a nuove combinazioni e a nuove convivenze, pro-vocando le civiltà che vi abitano a ricercare inedite soluzioni che siano insieme visibili e invisibili, politiche e metapolitiche. Padre Paolo Dall’Oglio ha efficacemente incarnato lo spirito di questa regione, e la comunità monastica di Mar Musa è il suo lascito.

Benché le sorti di Paolo Dall’Oglio siano ancora oscure, la speranza non si spegne. È nondimeno opportuno riportare per intero una sua dichiarazione che dimostra il suo sconfinato amore nei confronti dell’altra faccia del Mediterraneo, quella islamica: 

Se dovessi essere assassinato, vorrei che non fosse per mano di un musulmano. Ci mancherebbe solo che io diventassi l’ennesimo martire cristiano che alimenta l’odio per i musulmani: eh, no! Preferire mille volte essere ucciso da un drogato, un mafioso, un disperato, purché non sia musulmano!34

 

Note con rimando automatico al testo

1 C. M. Martini, Figli di Abramo. Noi e l’Islam, La Scuola, Brescia 2015, p. 16.

2 I. Dall’Oglio, Essere ponte: ognuno di noi, nella propria realtà, in C. Lapi (a cura di), Padre Paolo DallOglio. Uomo di dialogo ostaggio in Siria, Pisa University Press, Pisa 2015, p. 83.

3 P. Dall’Oglio, L’uomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, Paoline, Milano 2014, pp. 24-25.

4 Youtube. Ottobre missionario – Padre Paolo DallOglio. 25 ottobre 2012. https://www.youtube.com/watch?v=h4Q1rERm734&t=317s (Ultimo accesso: 19/01/2017). Cfr. anche P. Dall’Oglio, Luomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, cit.: «Che cosa fa Charles de Foucauld nel cuore dell’Algeria? Non converte nessuno, si posiziona là, semplicemente, come un granello di lievito. Con pazienza e umiltà, la sua avventura si fa cristiana; compie piccoli passi dietro a Gesù. Come lui, anch’io cerco di vivere vicino ai musulmani, di accoglierli in profondità, dolcemente, per provare l’universalità del messaggio di Cristo» (p. 113).

5 http://www.charlesdefoucauld.org/it/biographie.php (Ultima consultazione: 19/01/2017).

6 Paolo Dall’Oglio, Innamorato dell’Islam, credente in Gesù, Jaca Book, Milano 2013, p. 77.

7 Ivi, p. 55.

8 Ivi, p. 58.

9 Ivi, p. 54.

10 Ivi, p. 55. Cfr. anche ivi: «Ammetto che a Deir Mar Musa si pratica del New Age cattolico! In effetti, da noi vi è un po’ del fascino dell’India spirituale, al quale siamo sensibili, mescolato con la mistica musulmana, coniugato con gli incensi del Cristianesimo orientale, il tutto condito in salsa psico-junghiana! Tuttavia diffidiamo di un tipo di sincretismo equivoco e pericoloso, che paradossalmente riunisce pretesa universalistica e spirito settario» (p. 58).

11 Vedi Daryush Shayegan, intervista a cura di A. Zaccuri, in «Avvenire» [online], 03/07/2014, https://www.avvenire.it/agora/pagine/shayegan (Ultima consultazione: 20/01/2017): «Sono convinto che il dialogo tra culture non si esaurisca sul piano, per così dire, orizzontale. Certo, è importante che avvengano scambi, che si producano fenomeni di meticciato e si elaborino identità plurali. Ma questo non può farci dimenticare che il vero dialogo è di natura metastorica, si svolge nella dimensione in cui i grandi mistici si incontrano tra loro, al di là di ogni distinzionetemporalee linguistica. Ci sarà pure un motivo se Meister Eckhart e i maestri sufi sono legati tra loro da una serie di analogie formali che finiscono per comporre una visione comune».

12 P. Dall’Oglio, L’uomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, cit., p. 199. Cfr. anche ivi: «G. De Montjou: “In Algeria, sulla strada per l’aeroporto, ho visto colonne di uomini, giovani e vecchi, mentre pregavano sui loro tappeti. In macchina avevo pensato che ‘ci saremmo fatti battere’ dai musulmani perché noi, cristiani, avevamo perso la semplicità della preghiera”. P. Dall’Oglio: “Cos’è questa paura di ‘farsi battere’? Non bisogna mai confrontarsi. Smettiamo di avere paura. La verità è sempre complice della verità. Ogni atomo di verità è complice di qualsiasi altro atomo di verità: tutto è coordinato già da prima e tutto si accorderà sempre più. Non bisogna mai odiare la verità con il pretesto che la si vede negli altri!”» (p. 176).

13 P. Dall’Oglio, Innamorato dellIslam, credente in Gesù, cit., p. 54.

14 Cfr. ivi: «Vivo la mia relazione con l’Islam come una specie di appartenenza. Ma siamo chiari, la mia fede cristiana non è mai camuffata o diminuita da questa appartenenza; al contrario, vuole essere ortodossa, totale e fedele alla sua specifica dinamica. Quando dico che appartengo all’Islam, voglio dire che dal punto di vista culturale, linguistico e simbolico, mi sento profondamente a casa nel mondo musulmano» (p. 23).

15 Ivi, p. 24. Cfr. anche ivi: «Il mio atteggiamento non differisce da quello di San Paolo quando dice: “Mi sono fatto Giudeo con i Giudei. […] Mi sono fatto debole con i deboli. […] Mi sono fatto tutto a tutti” (1 Cor 9, 20-23)» (p. 24).

16 Ne è convinto anche l’accademico americano R. W. Bulliet: «Visto nel suo insieme e in una prospettiva storica, il mondo islamico-cristiano ha molti più elementi di unità che di divisione. Il passato e il futuro dell’Occidente non possono essere compresi appieno senza considerare il rapporto gemellare che questo ha avuto con l’Islam per quattordici secoli. Lo stesso vale per il mondo islamico» (R. W. Bulliet, La civiltà islamico-cristiana. Una proposta, Laterza, Roma-Bari 2005, p. 53).

17 Papa Giovanni Paolo II, Enciclica Slavorum Apostoli, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_19850602_slavorum-apostoli.html (Ultima consultazione: 20/01/2017).

18 P. Dall’Oglio, Innamorato dellIslam, credente in Gesù, cit., p. 78 (corsivo mio).

19 P. Dall’Oglio, Elogio del sincretismo, online, http://www.deirmarmusa.org/node/67 (Ultima consultazione: 20/01/2017).

20 P. Dall’Oglio, L’uomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, cit., p. 178.

21 P. Dall’Oglio, Collera e luce. Un prete nella rivoluzione siriana, EMI, Bologna 2013, p. 160.

22 C. Lapi, Prefazione a Id. (a cura di), Padre Paolo Dall’oglio. Uomo di dialogo ostaggio in Siria, cit., pp. 9-10. Cfr. anche Youtube. Paolo Dall’Oglio - La tradizione di convivenza in Siria e le cause dello scontro attuale. 01/08/2013. https://www.youtube.com/watch?v=SR72-wgxZhs (Ultimo accesso: 21/01/2017): «La Siria, che dovrebbe essere il luogo dell’esperimento dell’armonia e della fraternità, rischia invece di andare in pezzi».

23 P. Dall’Oglio, Appello siriano, online, http://www.deirmarmusa.org/node/196 (Ultima consultazione: 21/01/2017).

24 Ibidem.

25 Fonti Francescane 2227.

26 Youtube. Intervista a Padre Paolo Dall’Oglio, 28/09/2012. https://www.youtube.com/watch?v=hQXUnzGjQoM (Ultimo accesso: 21/01/2017).

27 Ibidem.

28 P. Dall’Oglio, L’uomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, cit., p. 120.

29 Cfr. ivi: «Un giorno, mentre partecipavo a un convegno sull’ecumenismo musulmano a Damasco, mi ricordo di aver detto che chi non ama l’unità dei musulmani non può capire né amare l’unità dei cristiani. Un cristiano che non ama vedere i musulmani unirsi tra loro non può desiderare l’unità nella propria religione. L’unità non si divide. O si ama l’unità per tutti, oppure non si ama l’unità. Così, il desiderio di unità dell’Islam e il desiderio di unità dei cristiani potrebbero integrarsi in uno stesso voto di unità umana» (p. 121).

30 Youtube. Paolo Dall’Oglio - La tradizione di convivenza in Siria e le cause dello scontro attuale, cit.

31 P. Dall’Oglio, Innamorato dell’Islam, credente in Gesù, cit., p. 64.

32 Youtube. Paolo Dall’Oglio - La tradizione di convivenza in Siria e le cause dello scontro attuale, cit.

33 P. Dall’Oglio, Da Roma alla Moschea di Damasco: portata e prospettive della visita di Giovanni Paolo II, online, http://www.deirmarmusa.org/node/182 (Ultima consultazione: 21/01/2017).

34 P. Dall’Oglio, L’uomo del dialogo. A colloquio con Guyonne De Montjou, cit., p. 203.