AZIONI PARALLELE 
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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
Gabriella Baptist,
Giuseppe D'Acunto,
Aldo Meccariello
e Andrea Bonavoglia.
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 I NOSTRI 
AUTORI

Mounier
di A. Meccariello e G. D'Acunto
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Modern/Postmodern
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Solitudine/Moltitudine
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di A. Meccariello e A. Infranca
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L'eone della violenza
di M. Piermarini
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La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
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Un appello per l’Europa

 

Monte Porzio Catone (Roma), 16 e 17 aprile 2015.

Il pensiero di Simone Weil (1909-1943) riunisce un nutrito gruppo di suoi studiosi e di appassionati uditori. Abbiamo lavorato intensamente per due giorni sulle prospettive che il pensiero di Weil apre sul nostro attuale orizzonte. Ci siamo resi conto che alcune pagine di Weil risuonavano in molti di noi come un monito a riprendere in mano le indicazioni in esse contenute per rilanciarne le prospettive a chi voglia condividere con noi lo sforzo per la costruzione di un’Europa avvenire.

Senza attendere la pubblicazione degli atti, che raccoglieranno le riflessioni che ciascuno di noi ha offerto, abbiamo pensato di sintetizzare quelle che ci sono sembrate emergere come indicazioni prioritarie e comuni sulle quali lavorare con chi si sentisse interpellato dal pensiero di Simone Weil. Nessuno di noi poteva immaginare che la notte del 17 aprile, mentre ci preparavamo a tornare nei nostri luoghi di vita, in Italia e Francia, nel Mediterraneo sarebbero morti assassinati – perché di questo si tratta, in ultima istanza – oltre 700 esseri umani.

 

 

*Un appello per l’Europa

«Le istituzioni politiche costituiscono essenzialmente un linguaggio simbolico. Un linguaggio non è mai qualcosa di arbitrario, una convenzione, al contrario, esso germoglia come una pianta» («Legittimità del governo provvisorio», in Una costituente per l’Europa, pp. 90-101, cit. p. 91). A partire da questo assunto Simone Weil si interrogava sulle istituzioni che avrebbero dovuto guidare la Francia all’indomani della sconfitta di Hitler, considerando assolutamente necessario, per l’accettazione delle Istituzioni e del loro linguaggio, un sentimento condiviso in modo unanime: il sentimento di legittimità. Un termine che Weil, però, ha provato a strappare dall’orizzonte meramente giuridico a cui esso è legato per lo più, per restituirgli l’orizzonte ampio e profondo dell’appello della e alla giustizia. Un’Istituzione è considerata legittima da Simone Weil se sorretta da un legame reciproco tra governanti e governati, gli uni eletti per volontà degli altri: i primi si impegnano per il bene comune e i secondi li ricambiano con la fiducia, che trova espressione nel considerare il governo «legittimo». Basato sulla legalità, certo, ma anche sulla percezione della dignità dei governanti, la cui altezza etica è indice della loro degnità.

La scomparsa dell’attaccamento al sentimento di legittimità preparò, secondo Simone Weil, la disfatta morale della Francia, prima ancora che quella politica: «Lo ha dimostrato nel giugno 1940, e nelle settimane successive. Il giugno 1940 non è stato il complotto di un élite inaffidabile, è stato un cedimento, un’abdicazione di tutta la nazione» (Ldgp, 92).

Pensiamo all’Europa attuale. Quale sentimento di legittimità lega i cittadini dell’Unione Europea ai suoi governanti, a quelle istituzioni che hanno sede a Strasburgo, a Bruxelles e in altri luoghi cardine del continente? Non è anche per l’Europa un sentimento svuotato – o forse mai riempito, e questo sarebbe il suo vulnus fondamentale – dal sentimento di legittimità?

Pensiamo a tre situazioni emblematiche che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. La crisi Ucraina, in cui solo la Francia e la Germania sono state chiamate, o si sono auto-convocate, a discutere con la Russia, mentre il ministro degli esteri europeo (Federica Mogherini) non è stato neppure interpellato; la crisi della Grecia: uno dei Paesi membri fondatori dell’Europa è in una crisi gravissima, una “crisi umanitaria”, ha detto Tsipras, e il resto dei Paesi fratelli resta, più o meno, a guardare: che sentimento di legittimità possono avvertire i greci rispetto a un governo che li sta lasciando morire di fame, nel pensiero condiviso – da governanti e governati europei – che, comunque, i greci se la sono cercata? Senza sapersi, o volersi, soffermare sul fatto che questa situazione è stata voluta, forse, dai governanti precedenti, ma non da quelli attuali e che se si lasceranno soli quelli attuali la disfatta sociale della Grecia sarà inevitabile.

Terza questione: i migranti e i barconi nel Mediterraneo. Anche se adesso i cittadini europei sembrano infastiditi più dalle ondate di migranti in arrivo che dalle loro morti in massa al largo delle nostre coste, un sentimento oscuro aleggia necessariamente: i governanti dell’Europa, che stanno lasciando morire migliaia di esseri umani oggi, non lasceranno anche noi morire così, se un domani la vita ci condurrà, per ragioni economiche o politiche, ad essere in uno stato di vulnerabilità assoluta, come oggi sono i migranti? Il sentimento di legittimità di governanti del genere è minato alla base, per quanto non esplicitamente. Tutti sappiamo chiaramente che quando gli africani – da qualunque nazione essi provengano – avranno la possibilità di dedicare del tempo a scrivere la loro narrazione e a far conoscere le loro storie, storie di interi popoli, tutti noi, europei in primis, dovremo fare i conti con la storia di un nuovo sterminio, ancora una volta nel cuore dell’Europa, nel ventre del suo mare, in mezzo alle sue terre, Mediterraneo; sterminio dalle proporzioni immani e che non potrà, quasi certamente, avere alcun tempio che contenga i nomi di tutti, perché quei nomi sono, per lo più, sconosciuti: intere famiglie sono morte e nessuno è rimasto a ricordarle o a cercarle. E non ci saranno organizzazioni facoltose a coordinare le ricerche, né le sepolture. Che sentimento di legittimità può legare cittadini a organi di governo che permettono tutto questo, avendo, per altro, ratificato con delle convenzioni la Dichiarazione dei Diritti umani del 1948? Ciò vale sia per le istituzioni europee che, beninteso e a maggior ragione, per i governi dei singoli Stati membri.

Possono essere legittime delle istituzioni che prendono simili posizioni? Certamente lo sono da un punto di vista giuridico – per quanto il loro valore nella politica internazionale sia, quanto meno, dubbio – ma non possono esserlo rispetto all’orizzonte di reciproco affidamento che Weil voleva restituire alla parola legittimità, per ricostruire il quale aveva immaginato un libero e partecipato processo costituente per la Francia postbellica.

Ora in Europa da molto tempo manca questo orientamento del pensiero verso un nuovo momento costituente, visto che quello della Costituzione si è arenato dopo i veti di Francia e Paesi Bassi. Troppi e troppo diversi stimoli vengono dalla propaganda dei partiti, ma anche dalla propaganda del mercato: tutti ormai sono consapevoli che gli europei sono consumatori più che cittadini, come, d’altra parte, l’Europa è più un’unione economica che politica.

Cosa chiediamo, dunque, se non riprendere un processo costituente dal basso? Cioè a partire dalle idee e dai contributi che pensatori, intellettuali, cittadini, gruppi volessero proporre per rilanciare un momento costituente come investimento su tempo, spazio, beni e valori condivisi e da condividere, sul modello di quello che Weil aveva individuato e descritto nella Francia prerivoluzionaria, e che ebbe come frutto l’elezione dell’Assemblea Costituente: «Nessuna disciplina di partito, nessuna propaganda diffondeva il suo veleno. Una gran quantità di persone cercava davvero la giustizia e la verità. Si trattò di una fioritura di pensiero autentico. Il frutto naturale di quella fioritura fu l’Assemblea. In vista della creazione di una Costituzione, essa conservò per mesi la forza ispiratrice da cui era nata» (Ldgp, 94).

Il deficit di legittimità delle istituzioni europee potrebbe essere colmato, se esse divenissero capaci di ascoltare le istanze provenienti dalla «gran quantità di persone che cercano la giustizia e la verità».

Un gruppo di partecipanti al convegno SIMONE WEIL del 16 e 17 Aprile 2015

 

*In autunno la nostra rivista, accogliendo il senso dell’appello, si farà promotrice di iniziative più concrete che aprano una dscussione su alcuni grandi temi weiliani del presente: Costituente per l'Europa, sovranità nazionale, lavoro, partiti politici, formazione, scuola, giustizia, diritti, Mediterraneo.