Lydie Salvayre, Non piangere

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Roma, L’Asino d’oro, 2016, € 17.00, ISBN 9788864433547

Vincitore del premio Goncourt nel 2014, il romanzo di Lydie Salvayre, Non piangere (Pas pleurer) è uscito nel maggio scorso per L’asino d’oro edizioni, in concomitanza con l’ottantesimo anniversario dello scoppio della guerra civile di Spagna.

La madre della scrittrice proprio allora, quindicenne, “apre bocca per la prima volta” (p. 13); oggi “soffre di disturbi della memoria” (p. 17), “ma conserva assolutamente intatto il ricordo di quell’estate del ’36 in cui accadde l’impensabile, di quell’estate durante la quale, dice, capì cosa significava vivere” (p. 17).

La figlia, nel ruolo di scriba, raccoglie la leggenda di “quell’estate radiosa che ho messo al sicuro in queste pagine, perché i libri servono anche a questo” (p. 233); dall’altra accosta ad essa l’esame di coscienza di Georges Bernanos, seguendone l’intuizione, la stesura e la pubblicazione de I grandi cimiteri sotto la luna: “uno dei libri lancinanti” del XX° secolo (F. Rella, Figure del male, p. 135).

Ribellione, radicalità, giustizia in entrambi i casi; e si incontrano provenendo da esperienze diverse e opposte: entrambe figure dell’esilio: la madre in Linguadoca, Bernanos in Brasile e in Paraguay.

Simone Weil, giovane agrégée di filosofia, mandò a Bernanos una lettera di apprezzamento, che lui conservò nel suo portafogli fino agli ultimi giorni della sua vita” (p. 227): anch’essa documento dell’abbozzo di una nuova ermeneutica del sociale e del politico.

Se ne ricorderà anche Ignazio Silone: “Naturalmente non mancano degli imbecilli i quali considerano la lettera di Simone Weil disfattista; ma la disfatta l’aveva preceduta, come la malattia precede la diagnosi. In questo universale naufragio morale qual è il relitto cui aggrapparsi per non affondare?” (Uscita di sicurezza, p. 890-891 del secondo volume dei “Meridiani”).