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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
Gabriella Baptist,
Giuseppe D'Acunto,
Aldo Meccariello
e Andrea Bonavoglia.
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AP 2 - 2015
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 AP 1 - 2014
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 I NOSTRI 
AUTORI

Mounier
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Modern/Postmodern
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Solitudine/Moltitudine
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L'eone della violenza
di M. Piermarini
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La guerra secondo Francisco Goya
di A. Bonavoglia
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François Jullien, Sull’intimità. Lontano dal frastuono dell’Amore

 

 

François Jullien

Sull’intimità.
Lontano dal frastuono dell’Amore 

 

Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014 (Minima),

pp. 191, ISBN 978-88-6030-709-5, €. 14,00

 

 

Stare nell’intimità è un luogo comune ed è un luogo non-comune. È lo spazio dell’affettività e della tenerezza, dell’incontro e del silenzio. Intima è anche una modalità che indica una relazione, un momento in cui si è soli con se stessi, un dialogo interiore di cui la nostra quotidianità ha sempre più bisogno. Il dolore o la gioia, la sofferenza o la felicità sono inenarrabili esperienze di intimità. È l’appartarsi in una sfera di intimità che ci mette al riparo dal mondo esterno perché è un sentimento innominabile che indica l’essere vicino, vicino alla persona che amiamo, vicinanza come uno stato dell’essere. L’intimità non ha una propria spazialità, è un genere, una maniera, un’atmosfera. Non c’è parola più comune, più inflazionata, più abusata dell’intimità. Ma qual è la sua essenza più profonda, la sua ragion d’essere nel suo doppio fondo del ritrarsi e della condivisione? Perché l’intimità che tocca in profondità il regime dell’umano è sfuggita alla presa della filosofia?

Il libro di François Jullien, Sull’intimità, strutturato in dieci densi capitoli, è propiziatorio, bellissimo e necessario perché demolisce l’intimità come luogo comune, perché opera un’intelligente revisione del concetto: infatti, la perdita dell’intimo è l’indifferenza, ciascuno rientra nel suo rifugio, dietro la sua frontiera. La differenza con l’amore? L’amore fa male, quanto più non è condiviso. Ti amo, ma tu non mi ami:questa asimmetria non esiste nell’intimo. L’amore è chiassoso, superlativo, esclamativo, l’intimità viceversa vive appartata, tace ed è esigente. Non esiste più la proprietà, cade ogni frontiera tra il dentro e fuori. Perciò la perdita dell’intimo non è che un ritorno alla normalità delle relazioni, ciascuno torna sulla sua posizione. Jullien mostra che essere intimi non significa per forza conoscere i fatti; non significa farsi spazio nella vita dell’altro, ma fare spazio all’altro nella propria vita, facendo un passo indietro piuttosto che un passo avanti. Coerentemente con il sottotitolo del libro (Lontano dal frastuono dell’Amore), l’Autore, che è un filosofo e sinologo francese, sviluppa con un’analisi approfondita che cosa significhi l’intimità nelle relazioni di coppia, talvolta ridotte alla parola “amore”. Fa da prologo al saggio l’analisi di uno splendido racconto di Georges Simenon, Il treno, che si svolge nel maggio del 1940 nel nord della Francia. I due protagonisti, un uomo e una donna, sconosciuti l’uno all’altra, decidono tacitamente di costruire questo spazio alternativo e privato senza utilizzare parole, ma solo attraverso gli sguardi, dispensando la loro intimità, appunto, dalle parole. Gli sguardi che si scambiano sono un riparo, mettono al riparo dai drammatici eventi in cui sono coinvolti. Non si fanno domande perché l’intimità è di un ordine diverso: non porta necessariamente a dire tutto. Annullando la distanza tra di loro, possono rimettere a distanza il mondo. Con uno studio dell’etimologia della parola intimità, e del suo senso nelle diverse lingue europee, il pensatore francese giunge ad operare una distinzione tra intimo ed intimità che non è di poco conto, perché nell’intimità si perde lo slancio che approfondisce l’intimo del nostro intimo (cfr. p. 35).

La puntualizzazione linguistica apre la strada alla descrizione delle differenze culturali, prima nel mondo della cultura latina, attraverso Cicerone e Sant’Agostino, e poi, in opposizione, nel mondo della cultura greca, dove il concetto stesso di intimità appare assente. Le riflessioni di Jullien si spingono infine nell’impervio territorio della modernità, ove l’idea di intimità si evolve emergendo nelle pieghe delle pagine di Montaigne, di Madame de La Fayette, di Rousseau come inclinazione verso l’altro, come attraversamento di un interno condiviso, capace di sovvertire l’io-soggetto bloccato nel suo solipsismo smisurato. La scoperta dell’intimità come ribellione del cuore contro il livellamento della sfera sociale fu opera di Rousseau con le sue Confessioni; l’analitica del cuore umano condotta dal ginevrino non ha eguali: «Il proprio dell’intimità, a differenza della relazione amorosa, è anche di creare una stabilità, di dare al soggetto un posto da subito e per sempre» (p. 94). Intimo significa per un verso ciò che c’è di più interiore in noi e allo stesso tempo indica la relazione con l’Altro: a caratterizzare l’intimo non è l’interiorità del sé o la familiarità con l’Altro, ma quel che c’è di più profondo (espresso dal superlativo latino intimus) che si traduce in una vera apertura all’Altro. È la profondità che esprime l’intimo: nel più profondo di me stesso percepisco un richiamo all’Altro e dell’Altro allo stesso tempo. Un gesto intimo implica un “Altro”, esige di essere in due (cfr. p. 37). Il movimento dell’intimità – scrive Jullien – va verso il trans-personale, osa l’incontro con l’Altro, rompe le frontiere che fissano l’io in una sfera esuberante, fa sbocciare il soggetto emancipato che vogliamo essere (cfr. p. 99). Qualsiasi esperienza intima è un’esperienza del senso duplice, perché apre ad una percezione doppia delle cose che ci riguardano o ci appartengono, allorché per esempio si visita o si rievoca la casa natale che è la casa dell’assoluta intimità, il mondo reale svanisce di colpo e compare come d’incanto un mondo onirico. La casa natale ci coinvolge sin dalla più lontana infanzia perché è la testimonianza di una protezione più remota. La casa è un rifugio, un riparo, un uni-verso dell’intimità. Quando il duca di Nemours e la signora di Clèves, i raffinati protagonisti del romanzo di La Fayette, devono chiudersi insieme nella stessa stanza per scrivere una lettera, si attardano e non perdono occasione di trarre piacere da questo momento di complicità al riparo da sguardi e intrusi (cfr. p. 79). Perché le pagine di La Fayette, di Rousseau o di Stendhal appaiono così vere e così preziose dal punto di vista dell’intimità? Jullien non ha dubbi nel mostrare che la letteratura e le arti abbiano molto da insegnare alla filosofia, perché l’evento dell’intimità è già all’opera prima che questo divenga concetto. Infatti, la letteratura lavora ad una lingua dell’intimità trattenendo piani diversi della realtà, contamina rilkeanamente sogni e ricordi, fa dell’intimità la sfida più alta portata all’impero del logos (cfr. p. 138). Una volta impegnati, sprofondati nell’intimità, niente più sfugge, tutto ne viene illuminato, il resto della vita ne è afferrato. Non si può quindi prescrivere l’intimità o concettualizzarla, ma solo descriverla, come sa far bene la letteratura. Per affrontare l’intimità – scrive l’Autore – occorre ciò che chiameremo, con un ossimoro, un’intelligenza sensibile (stendhaliana). Una volta chiarito questo approccio, resta da chiedersi, però, se la costruzione dell’intimità come cifra del nostro essere non abbia anche una rilevanza etico-politica che sia in grado di rifondare il senso medesimo di una comunità.