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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
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Gershom Scholem, Il nichilismo come fenomeno religioso

 

 

 

Gershom Scholem

Il nichilismo come fenomeno religioso

trad. it. di Corrado Badocco

 

 

Firenze, Giuntina, 2016 (Schulim Vogelmann, 195)

pp. 96, isbn978-8880576372, € 10

 

 

 

La traduzione italiana de Il nichilismo come fenomeno religioso di Gershom Scholem (1897-1982) diventa l’occasione per discutere di un tema scottante per le attuali condizioni spirituali dell’Occidente, quello del nichilismo. Tale oggetto, tuttavia, è qui riformulato e letto all’interno di una cornice che è generalmente considerata lontana da qualsivoglia elemento nichilistico, vale a dire la religione. I due ambiti – nichilismo e religione – sono, infatti, mutualmente esclusivi, e una analisi che li comprenda entrambi e che piuttosto li consideri alleati e genealogicamente dipendenti non fa che destare un certo scandalo – scandalo nel senso positivo, che stimoli cioè il pensiero e che evochi congiunzioni concettuali sconosciute.

Studioso del misticismo ebraico, Scholem è profondamente convinto che il nichilismo, «ben prima della sua comparsa nel mondo moderno, si sia manifestato nell’ambito della storia delle religioni» (p. 9), occupando sempre una posizione borderline rispetto all’ortodossia di qualsiasi tradizione. Questa è la tesi di fondo del testo.

Come già numerosi studi testimoniano – e Scholem non esita a ribadirlo – il termine “nichilismo” divenne famoso a seguito del romanzo Padri e figli (1862) di Turgenev, per poi essere reso protagonista del romanzo I demoni (1873) di Dostoevskij come pensiero alla base delle azioni violente di un gruppo di anarchici distruttori di ogni autorità e istituzione. Il richiamo di Scholem alla definizione che Karl Jaspers fa del “nichilismo” è chiarificatore: i due impulsi del nichilismo sono il rifiuto dei valori e il conseguente rifiuto della realtà, i quali possono essere declinati in modo quietistico (ad es. il buddismo e Schopenhauer) oppure in modo attivo («si cerca nell’agire negativo rivolto verso l’esterno un ultimo sostegno mentre si sta sprofondando», cfr. K. Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, 1950, p. 347).

Il nichilismo religioso – che è di fatto il protagonista del presente studio – si presenta, invece, con caratteristiche alquanto diverse da quelle, per così dire, profane. La definizione che Scholem ne dà è la seguente: il nichilismo religioso è «un nichilismo che si presenta in nome di esigenze religiose e pretende di essere una religione» (p. 15). Più specificamente, esso riconosce la sfera religiosa, ma nega qualsiasi autorità spirituale che pretenda di essere il depositario della conoscenza spirituale e metafisica. In più, tale nichilismo, che opera per la distruzione di qualsiasi istituzionalizzazione dello spirituale, non mira alla fondazione di nuove strutture, sostituendo il precedente ordine con un dis-ordine di fatto. L’ultima e definitoria caratteristica di un siffatto nichilismo è l’aspetto mistico (sebbene non sempre presente), declinato come segue: «Se nell’esperienza mistica ciò che più vale per il mistico è realizzare la distruzione di ogni forma, allora egli è in grado di compiere tale distruzione in relazione al mondo esterno, e cioè prima di tutto nei confronti dei valori e dell’autorità che garantisce validità a tali valori» (p. 16).

Seguendo l’analisi di Scholem, due sono le manifestazioni del nichilismo religioso: da una parte il nichilismo gnostico, dall’altra l’eresia cristiana del Libero Spirito – ma, come vedremo tra poco, si può individuare anche una terza forma, quella del letteralismo antitradizionale. Il nichilismo gnostico, ben descritto da Hans Jonas nell’ormai celebre Gnosi e spirito tardoantico, postulando una frattura insanabile tra Dio e mondo, è portato a odiare ciò che è manifesto, ribellandosi al punto tale che lo gnostico può essere definito un «rivoluzionario mistico» (p. 18).“Se sopprimiamo la legge ci liberiamo dal peccato”, è il motto di simili gnostici. Il libertinismo, anche in campo sessuale, è una conseguenza diretta di una simile impostazione filosofica. L’eresiarca egiziano Carpocrate, vissuto nella prima metà del II secolo d.C., è uno dei maggiori rappresentanti di questa corrente di nichilismo. Scholem è chiaro su questo punto: «Laddove il creatore del mondo è stato respinto come potenza di rango inferiore, ignorante, cieca e malvagia, ossia laddove lo si è posto in assoluta o relativa antitesi al Dio vero e buono, si aprì la via al nichilismo» (p. 26).

La seconda forma di nichilismo religioso è, come già annunciato, l’insieme di tendenze ereticali medievali chiamate con il nome di Spiritus libertatis, o Libero Spirito. Questo è caratterizzato da un panteismo che divinizza il mondo, nato da influenze neoplatoniche e da palesi fraintendimenti della mistica cristiana, specialmente quella di Meister Eckhart. «Se tutto in fondo era Dio, tanto spirito che materia», spiega Scholem, «allora si apriva anche la possibilità di una illimitata sovranità dell’uomo che si identificava con Dio e quindi la via al nichilismo come attestazione della sua sovranità morale» (p. 32). Il Libero Spirito giunge a manifestarsi anche in specifiche forme di chialismo, tendenza piuttosto attiva di contro al quietismo prevalente. Esempio del Libero Spirito sono un gruppo di chialisti noti come adamiti, annientati nel 1421, i quali postulavano la libertà assoluta da leggi morali e positive: «Si definivano angeli del Signore venuti a scacciare ogni scandalo dal regno di Dio. […] Di notte ammazzavano indistintamente uomini, donne e bambini, incendiavano villaggi e città, mentre di giorno si dedicavano a pratiche libertine» (p. 42), considerando se stessi liberi e tutti gli altri uomini schiavi.

La terza forma di nichilismo religioso, non tematizzata in questi termini da Scholem, è il letteralismo antitradizionale. Volgendo lo sguardo all’ebraismo, infatti, Scholem riconosce che «non ci si aspetterebbe affatto» (p. 45) simili tendenze nichiliste in una tradizione basata sulla Legge; eppure fenomeni di ribellione in seno all’ebraismo si sono basati su «una diversa lettura delle leggi del diritto positivo» (ibidem), come, ad esempio, il caraismo, il quale non riconosce la tradizione talmudica e si basa su una interpretazione letterale dei testi sacri.

Scholem traccia così una linea sfumata, un confine sbiadito tra due ambiti apparentemente ossimorici, come nichilismo e religione, mostrando una diretta discendenza dell’uno dall’altro. Il testo è prezioso per una nuova lettura dell’attuale situazione dell’Occidente, offrendo uno spunto fecondo per analisi inedite.