Orgia, di Pier Paolo Pasolini

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Il teatro ha una sua morale. Ogni genere di teatro. Nato come spettacolo politico, il teatro segue il suo destino. Non così il teatro di Pasolini, teatro di sogni e di pulsioni. “Orgia”1 è un dramma teatrale, con un prologo (che ricorda felicemente la ballata degli impiccati di Francois Villon) e sei episodi. “Orgia” è un’opera borghese, perché il teatro è borghese nel genere dramma. Al tempo stesso “Orgia” è radicalmente antiborghese, contraria alla morale. Ciò che scaccia la morale sono i sogni, di cui è gravido il grembo dell’opera.

Un uomo e una donna: l’eterno conflitto dei sessi, l’eterno sadomasochismo del potere…

Non si sono le trame, non si trama contro nessuno, ciascuno è al suo posto: in “Orgia” il potere è il potere.

L’adattamento al potere riceve in cambio una piccola porzione di potere. La Diversità viene nascosta, occultata, perché il Potere sia in luce, splenda. La diversità diventa “un puro termine di negazione della norma”, dunque “norma essa stessa”. Poema contro la Coscienza e il Buon senso, apoteosi della Morte liberatoria, che ci libera dal Potere, “Orgia” è un piano sequenziale nel quale ognuno è mezzo delle voglie dell’altro e mezzo della morte dell’altro. Il Potere come Pulsione di Morte, che la Coscienza nasconde, domina l’insieme. “Insegnandoci a non parlare, ecco cosa hanno fatto di noi” scrive Pasolini.

Il passato non esiste più, o, meglio, non ha alcun valore. Eppure resiste e dice. Il passato si chiama Mirko (p.142). La sua figura emerge tra le visioni di paesi e genti, infanzie ed adolescenze friulane e romagnole.

La drammaturgia di Enrio Maria Carraro Moda della compagnia teatrale "I nani inani" opera un’espansione sapiente di una figura secondaria, con effetti moltiplicatori di ridondanza poetica. La morte non fa scandalo se non è illuminata dai sogni e dalle visioni del passato.

Il nexus che lega l’uomo e la donna protagonisti, lo spazio delle viscere che li stringe in un abbraccio, dice della natura dionisiaca del testo. Le repressioni programmate non sono repressioni. Le eiaculazioni disgiunte dalla coscienza del piacere, dal piacere della coscienza, sono una fenomenologia del corpo : “Il mezzo sarai tu: un corpo senza coscienza”. La vertigine che travolge, in “Orgia” è una vertigine di violenza, di tortura e di stupro, dove operano le “leggi dell’ospitalità” di Pierre Klossowski, dove si decreta la dismissione dell’Io e della dignità morale dell’altro. Gli imperativi del corpo sono assoluti: “la lingua del corpo, è una lingua che non distingue la morte dalla vita”.

Una carnalità barocca, alla Genet , si dispiega sulla scena. I sogni di luce, i sogni lunghi e le visioni spuntano ovunque nel testo – frammenti e detriti di memoria del passato . “Orgia” è un testo che parla la lingua della carne e dice l’inequivocabilità del corpo, di corpi penetrati, seviziati, uccisi. Soltanto la lingua della carne sa dove arriva il mondo, dove può arrivare. Il potere è l’accettazione di un ordine, di cui l’appartenenza di classe è espressione, che soltanto la violenza, con i suoi segni inconfondibili, riesce a sconvolgere. Il delirio di morte risponde all’istinto di morte, che si tratti di dare la morte o di vivere dentro di essa, come dentro una disposizione in cui la morte appartiene al Potere. Il potere che annulla la diversità, che esige la sottomissione a tutte le regole del gioco, non può cancellare i segni del corpo, i geroglifici disegnati dalle sue esplosioni.

 

Lo spettacolo della compagnia I nani inani è attualmente (febbraio 2017) in programmazione.
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Nota al testo

1 Pier Paolo Pasolini, Orgia, in: Teatro. Vol. 2: Porcile-Orgia-Bestia da stile, Garzanti, Milano, 2010.